L’impatto sul Pil della transizione green
I dati dimostrano che esiste una correlazione positiva tra calo delle emissioni e “salute” del Pil. Ma la trasformazione verso un’economia verde ha un costo e va finanziata. Il punto degli esperti – da Ispi a Mainstreet – sullo sfondo delle elezioni europee e americane.
I costi e le opportunità della transizione green rimangono al centro del dibattito anche e soprattutto dopo le elezioni europee, terminate con la vittoria in Francia della sinistra ecologista guidata da Jean-Luc Mélenchon. Non che la transizione green fosse in discussione e non lo sarà nemmeno – secondo gli esperti – con l’esito delle elezioni americane. La strada è stata ben tracciata sia per quanto riguarda l’Europa sia per quanto concerne l’Italia vista anche l’Agenda Ue al 2030 che non concede sconti. L’impegno italiano è stato ricordato di recente dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti: “al fine di concordare con la Commissione europea l’estensione a sette anni dell’aggiustamento di finanza pubblica necessario a porre il rapporto tra debito pubblico e PIL su un sentiero di continua e sostanziale riduzione, il nuovo Piano non potrà che partire dai risultati già conseguiti con il Pnrr, consolidandone gli investimenti e le riforme con particolare riferimento alla transizione ecologica e digitale”, si legge nel Def 2024.
Se il percorso è ben saldo in molti si chiedono quali siano i veri impatti di tale transizione sui Paesi e sulle loro economie e quale sia la percezione dei cittadini in merito. Il tema, di strettissima attualità, è stato al centro della prima convention dei “Sustainable Advisor”, la categoria di consulenti specializzati nella conoscenza dei prodotti, strumenti e best practice del mondo ESG, creata di recente dalla banca private per sensibilizzare e accompagnare i clienti nelle loro scelte di investimento.
L’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) nel corso della due giorni di approfondimento e networking ha messo in fila alcuni numeri. In particolare il 75% dei cittadini stima che nei prossimi decenni l’impatto derivante dal climate change sarà severo: il clima e l’ambiente circostante saranno seriamente intaccati da questa problematica. La percentuale è elevata anche in tutti gli altri Paesi tanto che oltre la metà della popolazione mondiale è fermamente convinta che l’impatto sarà “severo”. Nonostante questa convinzione nessun Paese - fatta eccezione per l’India - è disposto a pagare oggi per evitarlo. Secondo il sondaggio di Ispi, infatti, solo un terzo della popolazione mondiale sarebbe disposto a pagare più tasse per arginare il climate change.
Eppure, come dimostrano i dati Eurostat, al diminuire delle emissioni il Pil delle economie degli Stati membri aumenta. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra “Efficiency and decarbonization indicators in Italy and in the biggest European countries” in Italia, il consumo di energia per unità di PIL si è ridotto del 16% dal 2005 al 2021, mentre le emissioni di gas serra per unità di PIL si sono contratte del 27,2%. Il confronto tra gli indicatori nazionali e quelli dei principali Paesi mostra che il sistema energetico italiano ha un’elevata efficienza energetica ed economica: l’intensità energetica, espressa in termini di consumo interno lordo di energia per unità di PIL, è tra le più basse nei principali Paesi Europei, 91,5 Tonnellate Equivalenti Petrolio (tep) contro 107,4 tep dei 27 Paesi dell’Unione Europea nel 2021.
Fatto 100 questa istantanea ci pensa l’Eurostat a individuare una correlazione tra emissioni e Pil. Nel primo trimestre 2023 le emissioni di gas serra dell’economia dell’Ue hanno totalizzato 941 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti (CO2-eq), una diminuzione del 2,9% rispetto allo stesso trimestre del 2022 (969 milioni di tonnellate di CO2-eq). Questa diminuzione è avvenuta contemporaneamente a un aumento dell’1,2% del prodotto interno lordo dell’UE nel primo trimestre del 2023, rispetto allo stesso trimestre del 2022. Il dato è meno evidente ma confermato nel terzo trimestre dell’anno. Nel periodo l'Italia ha ridotto le emissioni di gas serra del 4,7% mantenendo invariato il Pil rispetto allo stesso periodo del 2022.
Dei 23 Stati che hanno portato giù le loro emissioni, solo 11 hanno registrato una contrazione del Pil (Irlanda, Estonia, Austria, Lussemburgo, Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Germania, Danimarca, Ungheria), a testimonianza del fatto che in questa correlazione entrano in gioco altri fattori, sociali, ambientali e demografici.
Tutte buone notizie quindi? No. La transizione ha un costo. MainStreet ha ricordato che il net-zero entro il 2050 richiederà investimenti nella transizione energetica per 173 trilioni di dollari in 10 anni. Da soli – hanno spiegato gli esperti - i Governi non possono finanziare questo ammontare e quindi occorre reindirizzare capitali privati verso progetti e società più sostenibili sia da un punto di vista ambientale che sociale. Ciò in parte sta già avvenendo tramite una regolamentazione sia a livello di investimenti (pensiamo alla Mifid) sia a livello corporate impegnate a controllare maggiormente la loro catena del valore su aspetti ambientali e sociali, orientate anche a essere più trasparenti nei confronti di tutti gli stakeholders.
Al termine della convention i Sustainable Advisor – che oggi sono 50 e nelle intenzioni della banca private diventeranno 80 a fine anno e 150 entro il 2025 - hanno presentato, prima rete in Italia, il loro manifesto: una sorta di Costituzione volta a delinearne non solo l’identità ma anche i principi, gli obiettivi e l’intero percorso.
“Il consulente finanziario oggi, come del resto emerso da una recente ricerca di Consob con l’Università Roma Tre, ha un ruolo fondamentale per ‘comunicare’ ai risparmiatori il tema della transizione ecologica e degli investimenti sostenibili, una vera e propria responsabilità storica che si aggiunge a quella di sempre di proteggere e far crescere il risparmio delle famiglie”, ha chiosato Enzo Ruini, Sales Manager Strategico per la Sostenibilità di Banca Generali Private.