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I dazi di Trump gettano i mercati nella tempesta
09 April 2025#WeeklyWatch

I dazi di Trump gettano i mercati nella tempesta

Le tariffe doganali annunciate il 2 aprile hanno innescato i peggiori ribassi dei mercati dal periodo Covid. E mentre tutte le grandi istituzioni finanziarie tagliano le stime di crescita e alzano quelle di inflazione, gli investitori cercano un appiglio nella volatilità

Il ciclone Trump si è abbattuto sui mercati, gettando le Borse di tutto il mondo nel caos all’indomani del Liberation Day nel quale il presidente degli Stati Uniti ha annunciato dazi a raffica su tutti (o quasi) i Paesi del mondo

Le nuove tariffe doganali annunciate dall’amministrazione Usa lo scorso 2 aprile si sono rivelate ben più pesanti delle attese, anche rispetto al «worst case scenario» che era stato presentato in campagna elettorale da Trump. E ora gli investitori temono una escalation con le reazioni degli altri Paesi che potrebbero a loro volta imporre dazi di ritorsione, peggiorando in modo significativo le prospettive di crescita globale. 

E l’impatto sui mercati è stato pesante: gli indici azionari hanno accumulato ribassi a due cifre in tutto il mondo e anche i beni rifugio più tradizionali, come l’oro, sono stati scossi dalla volatilità. “Dall’annuncio delle tariffe, il mercato ha cominciato a prezzare una recessione a livello globale, prima considerata un’evenienza remota; l’idea che i dazi stessi fossero uno strumento di negoziazione, e quindi solo temporanei, è stata velocemente messa da parte”, spiega Alessio Enrico Gerbella, Responsabile Gestioni Patrimoniali Family Office di Banca Generali
 

Si allunga l’ombra della stagflazione negli Usa

Al centro dei timori di investitori, economisti ed osservatori c’è il rischio di stagflazione, uno scenario macroeconomico caratterizzato al contempo da una crescita stagnante o negativa e da un’inflazione al di sopra dei target delle banche centrali.

In media, secondo i dati raccolti da Bloomberg, prima dell’escalation dei dazi gli economisti prevedevano una crescita economica Usa del 2,1% nel 2025. Tutte le grandi banche d’affari Usa stimavano un aumento del Pil sopra il 2%. Ora Goldman Sachs stima solo un +1% e vede le probabilità che l’economia Usa cada in recessione al 35%. JP Morgan ha tagliato le previsioni di crescita economica dal 2,3% all’1,6%, mentre Citigroup vede la crescita all’1,2%. E sia Goldman Sachs sia S&P Global Ratings vedono le probabilità di una recessione al 35%. Il quadro è quindi quello di una crescita in frenata e di un’inflazione in aumento a causa del costo delle tariffe. Secondo le elaborazioni del Market Strategy di Banca Generali, l’indice dei prezzi CPI americano potrebbe aggirarsi nel 2025 tra il 3,8% e il 4,3%.

Uno scenario nel quale la Fed potrebbe aver difficoltà a gestire il doppio mandato in un contesto di inflazione elevata e potenziale deterioramento del mercato del lavoro a causa di un rallentamento dell’economia. La banca centrale infatti potrebbe muoversi con più cautela nel tagliare i tassi a sostegno dell’economia.
 

Europa e Cina, ripresa deragliata?

Più lineare ma non meno importante l’impatto atteso sulle economie di Unione Europea e Cina. Fino a pochi giorni fa si riteneva che il Vecchio Continente potesse mantenere la propria stabilità economica grazie ai significativi piani di spesa pubblica diretti a rilanciare la crescita (come RearmEu o il piano tedesco da 500 miliardi per le infrastrutture). Ma gli annunci di Trump mettono alla prova queste speranze: secondo Bloomberg, le previsioni medie degli economisti sulla crescita dell'Eurozona nel 2025 sono scese dal +1% di fine 2024 al +0,9%. Un impatto più modesto ma che potrebbe aumentare. Nell’area euro la Bce potrebbe avere più margine di manovra, ma i governi hanno già annunciato ampi sostegni di politica fiscale; quindi, potrebbero avere meno facilità ad intervenire ulteriormente.

La tempesta sui mercati

Nessuna Borsa è stata risparmiata dalle vendite: quelle del 3 e del 4 aprile sono state, per i mercati azionari, le sedute peggiori dal 2020, in piena crisi Covid. Il bilancio è pesante: S&P 500, Nasdaq, Stoxx Europe 600 e CSI 300 China sono arrivati tutti a perdere in pochi giorni tra il 15% e il 20%.

Vista la portata globale delle tariffe, gli asset rischiosi sono stati oggetto di una ondata di vendite indiscriminate; c’è stato infatti un deflusso netto dall’equity a favore di bond governativi e liquidità, con la conseguente interruzione della ‘rotazione’ da USA a UE all’interno dell’azionario, rendendo la diversificazione di portafoglio quasi inutile”, spiega Gerbella.

Le vendite hanno colpito anche gli asset rifugio come l’oro, spinta dalle ricoperture di molti investitori a corto di cash, tanto che il metallo prezioso è sceso dai massimi storici fin sotto la quota ‘psicologica’ dei 3.000 dollari superata nelle scorse settimane.
È difficile al momento valutare l’ulteriore potenziale di ribasso dei mercati. L’elevato picco di volatilità potrebbe indurre a un ulteriore riduzione del rischio nei portafogli. Tuttavia, data la velocità con cui i mercati hanno prezzato più alte probabilità di recessione, potremmo immaginare che molta negatività sia già emersa. Un ulteriore ribasso potrebbe verificarsi nel caso di risposte aggressive da parte di alcuni Paesi, che aumenterebbero il rischio di escalation, anche se dubitiamo che Trump possa alzare ulteriormente i toni visto il dissenso che sta già emergendo negli USA. Quindi Tutto dipenderà dalla ‘soglia di dolore’ di Trump, sul quale tuttavia ogni previsione sarebbe inutile e pericolosa”, avverte il gestore di Banca Generali. 
 

Prospettive

Nelle prossime sedute, quindi, “il mercato potrebbe quindi consolidare su livelli più bassi, in attesa di un recupero in caso emergessero novità positive. Quando i mercati avranno trovato il fondo, con buona probabilità, riprenderà la rotazione in ambito azionario che per tutto il primo trimestre ha visto un travaso di asset dall’America verso l’Europa. Questo perché le politiche di Trump sembrano destinate a rallentare gli USA nel breve termine, senza che siano disponibili grandi strumenti di stimolo, visto che anche Powell non sembra al momento disposto a tagliare i tassi e le possibilità di un sostegno di politica fiscale sono limitate da un deficit già troppo esteso. In questo scenario, il dollaro resterà quindi sotto pressione, anche solo per il fatto che l’attuale caos creato dalle tariffe ha probabilmente incrinato la fiducia verso i mercati americani, da sempre destinazione preferita dei flussi di investimento”, conclude Gerbella.

Ma più in generale, nell’attuale incertezza del mercato sono da evitare scelte emotive e il fai da te, mentre assumono ancora più rilevanza la gestione attiva e professionale, oltre alla pianificazione a lungo termine.
 

Alessio Enrico Gerbella, Responsabile Gestioni Patrimoniali Family Office di Banca Generali. Alessio Enrico Gerbella, Responsabile Gestioni Patrimoniali Family Office di Banca Generali.
Dall’annuncio delle tariffe, il mercato ha cominciato a prezzare una recessione a livello globale, prima considerata un’evenienza remota; l’idea che i dazi stessi fossero uno strumento di negoziazione, e quindi solo temporanei, è stata velocemente messa da parte.

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