La ricerca sul campo è fondamentale per evitare di costruire cattedrali nel deserto
La ricerca sul campo nell'era delle macchine: un dialogo con Marco Aime
BG4SDGs Talk con Marco Aime: La ricerca antropologica e il valore dei dati sul campo per il raggiungimento dei 17 SDGs
In un'epoca dominata dalle macchine e dalle informazioni digitali, la raccolta dei dati sul campo rimane cruciale. Un esempio storico significativo è quello di James Lind, medico scozzese del 1700, che scoprì come il succo di limone potesse prevenire lo scorbuto, grazie alla sua ricerca sul campo. Questa scoperta infatti si trasformò in un vantaggio competitivo per la flotta inglese.
Per discutere l'importanza della ricerca sul campo, nel nuovo appuntamento di BG4SDGs Talk abbiamo invitato Marco Aime, antropologo e docente di Antropologia Culturale presso l'Università di Genova. Durante l’incontro, Aime ha sottolineato l'importanza di comprendere le realtà locali, specialmente nei paesi non occidentali. "La ricerca sul campo è fondamentale per evitare di costruire cattedrali nel deserto," ha affermato.
La ricerca sul campo, tipica dell'antropologia, richiede lunghi periodi di domande e dialogo per capire il punto di vista del nativo. Questo approccio è cruciale non solo per l'antropologia, ma anche per proporre azioni efficaci nei contesti locali. In un'epoca in cui le macchine e l'intelligenza artificiale tendono a standardizzare i processi, Aime ha ricordato poi l'importanza di difendere la diversità culturale e i punti di vista plurali.
La raccolta di dati sul campo è essenziale quindi per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda 2030 sancita dalle Nazioni Unite, "l'Africa è un continente di paradossi, dove la povertà coesiste con una ricchezza di risorse naturali," ha osservato l’antropologo, condividendo aneddoti sulla sua esperienza a Timbuktu, città risalente all'XI secolo, tra le più grandi biblioteche del passato, dimostrando che l'Africa non è solo un continente di villaggi, ma anche di città con una lunga tradizione culturale.
Infine, Aime ha riflettuto sulla globalizzazione, sottolineando che le tecnologie dell'informazione hanno dato l'illusione di un mondo piatto, mentre in realtà le culture locali “non adottano semplicemente le tecnologie come facciamo noi; le integrano nelle loro comunità in modi unici”.