Nei prossimi giorni i movimenti dei mercati riguardo il Medio Oriente dipenderanno dalle decisioni di Israele su una possibile controffensiva. Diverse potenze premono, più o meno pubblicamente, per una de-escalation
Il conflitto in Medio Oriente si riscalda. Quali conseguenze sui mercati?
Dopo l’attacco iraniano contro il territorio Israele, i mercati sembrano nervosi di fronte al rischio di un’escalation del conflitto in Medio Oriente. Dall’azionario in calo al rialzo dell’oro, passando per l’impatto sul prezzo del petrolio, che può condizionare anche le banche centrali
I venti di guerra in Medio Oriente si sono intensificati nell’ultima settimana, culminando nell’attacco condotto dall’Iran nella notte di sabato 14 aprile contro il territorio israeliano. Secondo la ricostruzione delle Forze di difesa israeliane (IDF), Teheran e alcune milizie filoiraniane nella regione hanno lanciato 170 droni, nessuno dei quali è entrato nello spazio aereo israeliano, insieme a 30 missili da crociera, di cui 25 abbattuti dall’aeronautica israeliana, e 120 missili balistici contro Israele. Alcuni missili sono riusciti ad aggirare le difese israeliane, colpendo solo la base aerea di Nevatim, nel sud di Israele. Dopo mesi di operazioni militari nella striscia di Gaza e di conflitto a bassa intensità tra Siria e Libano, ora si teme un’escalation verso una guerra regionale e i mercati sembrano per la prima volta nervosi di fronte al conflitto in Medio Oriente.
Sul fronte geopolitico, “l’attacco iraniano di sabato notte è stato una risposta poco più che simbolica agli oltre 30 comandanti dei pasdaran uccisi da Israele in Siria dal 7 ottobre a oggi. La scelta iraniana di attaccare con missili e droni direttamente dal proprio territorio, senza appoggiarsi a paesi più vicini a Israele, come la Siria, ha permesso a Tel Aviv di intercettare e abbattere con più facilità la gran parte della minaccia iraniana. Questo sembra suggerire che, nonostante l’attacco fosse per Teheran inevitabile, l’Iran ha cercato ancora una volta di evitare uno scontro totale con Israele”, ha scritto in un commento Luigi Toninelli, research assistant dell’ISPI Middle East and North Africa Centre.
Sui mercati, “l’effetto dell’attacco dell’Iran a Israele, essendo stato un evento già preannunciato verbalmente, ha cominciato a manifestarsi con anticipo. L’indice VIX, che misura la volatilità dell’azionario, ha infatti cominciato a salire già giorni prima rispetto al fine settimana del 13 e 14 aprile. L’indice è infatti passato da 14 a poco meno di 20”, spiega Corrado Cominotto, Responsabile delle Gestioni patrimoniali attive di Banca Generali.
L’effetto si è fatto sentire su altri asset tradizionalmente sensibili alle tensioni geopolitiche, come l’oro, salito di circa il 10% nelle ultime sedute e il petrolio. Quest’ultimo il giorno dopo l’attacco ha registrato prese di profitto scendendo dello 0,4% posizionandosi sotto i 90 dollari al brasile. “Lunedì 15 il mercato azionario globale (MSCI World) ha aperto invariato per poi cominciare a calare a partire dal pomeriggio. Più significativo è il movimento del dollaro che si è posizionato poco sopra quota 1,06 nei confronti del dollaro”, sottolinea Cominotto.
Tra gli altri asset, si registra anche il ripiegamento del Bitcoin, sceso di oltre il 10% dai 66.000 dollari di venerdì 12 aprile ai 58.000 dollari di martedì 16.
“Nei prossimi giorni i movimenti dei mercati riguardo il Medio Oriente dipenderanno dalle decisioni di Israele su una possibile controffensiva. Diverse potenze premono, più o meno pubblicamente, per una de-escalation”, prevede il responsabile delle Gestioni patrimoniali attive di Banca Generali.
“Se da un lato l’abbattimento dei droni e missili terra-terra iraniani potrebbe contenere la reazione israeliana, dall’altro l’impegno diretto di Teheran nel conflitto regionale ha portato le piazze arabe e musulmane a vedere nell’Iran il loro nuovo campione. Dall’operazione di sabato notte la Repubblica islamica ottiene un importante ritorno di immagine”, continua Toninelli di ISPI.
Non solo le controparti occidentali come gli Stati Uniti, per i quali Biden ha chiarito che non ci sarà alcun sostegno a fasi offensive del conflitto, ma anche Arabia Saudita e Cina esercitano pressioni affinché il conflitto non si allarghi, con la Cina in particolare che vede un ingente flusso di petrolio arrivare proprio dall’Iran.
Tornando ai mercati, “a livello di reazione dei mercati nei prossimi giorni l’attenzione sarà concentrata sull’andamento del prezzo del petrolio. I dati macroeconomici confermano un’economia più forte delle attese, in particolare negli Stati Uniti, con gli ultimi dati di crescita del prodotto interno lordo pubblicati a 3,4% rispetto ad attese del 3,2%. Diventano cruciali, pertanto, i dati di inflazione, che sono fortemente impattati dal prezzo del petrolio, salito nelle ultime settimane da 82 dollari al barile a 90 dollari al barile”, rimarca Cominotto.
Il dato di inflazione al consumo US dopo aver segnato un minimo al 3% lo scorso giugno è infatti attualmente risalito al 3,5%. Il dato sull’inflazione statunitense resta fondamentale dato che buona parte dell’ottimismo visto sui mercati azionari negli ultimi mesi si basa sul presupposto di un imminente taglio del costo del denaro.
Infatti, “qualora si inasprissero le tensioni avrebbero come conseguenza un rialzo del prezzo del petrolio mettendo in dubbio le prospettive di tagli da parte delle banche centrali. Questo provocherebbe una sottoperformance dei titoli legati alla tecnologia, favorite da tassi bassi e agevolerebbe aree difensive come consumi di base e servizi di pubblica utilità”, spiega Cominotto.
Nel complesso “lo scenario volatile, con il rischio di evoluzioni repentine, rende difficile un approccio fai da te ai mercati. Di contro, una gestione attiva può offrire diversi vantaggi, permettendo una più efficace difesa del portafoglio nelle fasi di avversione al rischio”, conclude Cominotto.