L’inflazione è certamente scesa rispetto al picco del 2022 e pur avvicinandosi agli obiettivi delle banche centrali ancora non li ha raggiunti. Il focus del mercato si sta spostando dall’inflazione alla crescita, il mercato sembra meno preoccupato dei prezzi ed è tornato ad avere aspettative di inflazione in calo.
Inflazione ostinata e timori di recessione, la doppia sfida delle banche centrali
Pur essendo scesa rispetto al 2022, l’inflazione non è ancora al target e in alcuni settori non sembra destinata a farlo per diverso tempo. Questo rende Bce, Fed e soci esitanti a tagliare rapidamente i tassi, anche di fronte a un crescente rischio di rallentamento. Ingredienti per un mercato volatile, come si è visto nelle ultime sedute. Uno scenario da navigare con sangue freddo, diversificazione e gestione attiva.
È ufficiale, le banche centrali globali stanno ormai combattendo una guerra su due fronti. Il primo è quello aperto ormai da poco più di due anni, contro il picco di inflazione più alto visto nell’ultima generazione. Una “guerra” che, nonostante la stretta monetaria più aggressiva degli ultimi 40 anni, Fed, Bce e compagne non sembrano ancora aver visto. Il secondo fronte è quello del rallentamento economico, su cui i timori di economisti e investitori si sono risvegliati nelle ultime due settimane, portando una forte volatilità sui mercati. Ora le banche centrali si troveranno a dover trovare un difficile equilibrio: sostenere l’economia allentando la politica, ma senza esagerare con troppo accomodamento, compromettendo una battaglia contro l’inflazione arrivata all’ultimo miglio.
L’ultima banca centrale a dover fare questa difficile scelta è stata la Reserve Bank of Australia, che ha deciso di lasciare invariati tassi, sottolineando che ‘i dati hanno rafforzato la necessità di rimanere vigili sui rischi al rialzo per l'inflazione’.
“L’inflazione è certamente scesa rispetto al picco del 2022 e pur avvicinandosi all’obiettivo delle banche centrali ancora non li ha raggiunti. Di recente questo si è dimostrato particolarmente vero nel caso dell’Eurozona, con i dati di luglio, diffusi la scorsa settimana, che sono stati sopra le attese”, commenta Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali.
L'inflazione nell'area euro ha infatti registrato un incremento annuale del 2,6%, in aumento rispetto al +2,5% di giugno 2024 e sopra le attese degli economisti, come il dato core, che ha evidenziato un incremento del 2,9% su base annuale. La componente servizi ha avuto la più rapida crescita (+4,0% rispetto a luglio 2023). E molti settori, come i trasporti aerei e il turismo, stanno vedendo boom di spesa che non sembrano lasciar presagire che l’ultimo miglio della lotta all’inflazione possa essere così semplice.
Alcuni economisti sostengono che i prezzi dei servizi in Europa siano semplicemente “in ritardo” ma altri, tuttavia, temono che la carenza di manodopera, la rapida crescita dei salari e gli indicatori di produttività scadenti potrebbero mantenere l'inflazione complessiva al di sopra dell'obiettivo per un periodo prolungato.
“Anche negli Stati Uniti la componente relativa ai servizi è quella che sta alimentando questa ‘persistenza’ dell’inflazione. Costi di assicurazioni e manutenzioni delle auto, per fare due esempi, stanno salendo ancora a doppia cifra negli Stati Uniti, mentre i prezzi delle abitazioni e degli affitti, la cosiddetta componente ‘shelter’, stanno anch’essi contribuendo a tenere l’inflazione ben sopra il target della Fed”, spiega Baldessari.
Questi elementi spiegano il nervosismo e la prudenza da parte delle autorità monetaria e una prudenza nel muoversi verso tagli dei tassi, con la Fed che a differenza di BoE e Bce non ha ancora ridotto il costo del denaro.
Proprio il Fondo Monetario Internazionale poche settimane fa ha avvertito che un’inflazione persistente potrebbe mantenere i tassi di interesse più alti più a lungo del previsto, aumentando i rischi fiscali e finanziari in tutto il mondo. “I prezzi persistentemente elevati dei servizi – tra cui parrucchieri, hotel e ristoranti – così come le crescenti tensioni commerciali stanno sostenendo l’inflazione e aumentando la prospettiva che i tassi di interesse rimarranno alti ancora per un po’ di tempo”, ha avvertito l’Fmi nel suo ultimo World Economic Outlook.
In questi giorni alle preoccupazioni delle banche centrali si è però aggiunto un altro tema: ovvero il rallentamento economico. In pochi giorni si sono sommati brutti dati sul fronte dell’attività economica in tutte le grandi economie mondiali: Cina, Eurozona e Stati Uniti, che sono culminati venerdì scorso nel debole dato sul mercato del lavoro Usa, con dati sotto le attese sui nuovi posti di lavoro e sopra le aspettative per il tasso di disoccupazione.
“Il focus del mercato si sta spostando dall’inflazione alla crescita, il mercato sembra meno preoccupato dei prezzi ed è tornato ad avere aspettative di inflazione in calo. In questi giorni gli investitori sono tornati a credere che le banche centrali si siano attardate nel tagliare i tassi a causa di questa inflazione che fatica a scendere, ma anche che ora la crescita tornerà il tema dominante. Per questo il mercato ora si attende che i tassi verranno tagliati più volte da qui a fine anno da parte della Fed”, sottolinea l’esperto di Banca Generali.
Un cambio di vedute che, complice i ridotti volumi di scambio estivi, ha portato a una forte turbolenza sul mercato. “È stato un contesto in cui i movimenti dei mercati sono stati estremizzati dalla carenza di liquidità e, per quanto riguarda l’obbligazionario, concentrati solo su alcuni asset. Il Bund si è mosso piuttosto drasticamente, mentre gli altri titoli di Stato, BTP e Oat, sono stati molto più composti. Sui titoli corporate c’è stata una brusca correzione, dovuta non tanto alle vendite quanto alla ricerca di protezione attraverso prodotti derivati”, continua il gestore.
Tuttavia, la turbolenza a cui si è assistito sul mercato sembra per certi versi eccessiva. “Sembra di essere passati da un estremo all’altro. Il dato sul mercato del lavoro Usa è stato certamente negativo, ma è anche influenzato da elementi eccezionali come l’uragano Belial in Texas. Il mercato si è trovato a passare da una situazione in cui le banche centrali erano viste come ferme o molto prudenti per ancora molti mesi a una in cui ci si aspettano molteplici tagli dei tassi da qui a fine anno”, spiega Baldessari.
Ora le banche centrali, come detto, sono prese tra due fuochi, e prevedere il futuro di inflazione, crescita e tassi è quantomai arduo. In questo contesto di incertezza, che ha tutti gli ingredienti per tenere alta la volatilità, è necessario affidarsi a una regola generale: diversificare. Se si hanno investimenti diversificati e un portafoglio strutturato su strumenti che prevedono una gestione attiva e professionale che garantisce il controllo del rischio e scelte strategiche ponderate, l’impatto anche di episodi di forte volatilità può essere ammortizzato.