I recenti dati economici confermano la fragilità dell’economia dell’Eurozona, che probabilmente indurrà la BCE ad intervenire tagliando i tassi per favorire l’espansione dell’economia a partire da giugno, mentre la forza dell’attività economica negli USA potrebbe imporre alla Federal Reserve un passo più lento, con un primo taglio dei tassi oltreoceano solo a fine anno.
Lo yen impazzito riporta i riflettori sulla danza delle valute
La moneta nipponica sulle montagne russe rimette il mercato valutario al centro dell’attenzione degli investitori, con i diversi percorsi delle banche centrali che promettono volatilità e opportunità.
Il caso dello yen giapponese ha riportato sotto i riflettori il mercato valutario, reduce da mesi di relativa calma, attirando l’attenzione di molti investitori alla ricerca di opportunità di trading e diversificazione.
La valuta nipponica, dopo essere scesa nelle ultime settimane sui minimi da 35 anni nei confronti del dollaro americano, a quota 159, ha visto un rimbalzo nelle ultime sedute. Un movimento tanto brusco da far sospettare l’intervento sul mercato delle autorità di Tokyo, per fermare una debolezza dello yen ora su livelli tali da essere percepita come ampiamente negativa e problematica e gli svantaggi stanno superando i vantaggi percepiti in precedenza per le esportazioni.
La debolezza dello yen è stata innescata nel divario dei tassi di interesse tra il Giappone e le altre economie avanzate, in particolare gli Stati Uniti. La Bank of Japan, infatti negli ultimi anni si è limitata a riportare i tassi d’interesse a zero dopo quasi dieci anni in territorio negativo, a differenza di Federal Reserve, Banca Centrale Europea e Bank of England, che hanno alzato nettamente il costo del denaro. Ma nei prossimi mesi le altre banche centrali potrebbero invertire la rotta, mettendo indirettamente fine alla debolezza dello yen.
Quello delle banche centrali e delle valute è infatti un effetto domino complesso, che pone gli investitori di fronte a rischi e opportunità. Fed, Bce e compagne dovranno equilibrare la necessità di stabilizzare l’economia (anche attraverso valute più deboli che favoriscono l’export), con il contrasto a un’inflazione ancora non del tutto domata.
“I recenti dati economici confermano la fragilità dell’economia dell’Eurozona, che probabilmente indurrà la BCE ad intervenire tagliando i tassi per favorire l’espansione dell’economia a partire da giugno, mentre la forza dell’attività economica negli USA potrebbe imporre alla Federal Reserve un passo più lento, con un primo taglio dei tassi oltreoceano solo a fine anno. In Giappone, invece, ci si attende una politica monetaria progressivamente restrittiva, con la Bank of Japan che dovrebbe deliberare, come prossima mossa, un aumento del tasso di riferimento”, spiega Generoso Perrotta, Head of Financial Advisory di Banca Generali.
“Questa divergenza nelle politiche monetarie può favorire, in primis, proprio un apprezzamento dello yen giapponese. Soprattutto, la prospettiva che la Bce tagli i tassi già a giugno a fronte di una BoJ che dovrebbe muoversi in senso contrario, dovrebbe favorire un rafforzamento dello yen contro l’euro in misura superiore a quanto ci si possa attendere contro il dollaro. Questo perché Il biglietto verde potrebbe beneficiare di tassi sui Fed Funds sugli attuali livelli per quasi tutto il 2024. In quest’ottica, l’attuale fase di debolezza dello yen potrebbe rappresentare un’opportunità per accumularla in portafoglio, in ottica di diversificazione, ma con la consapevolezza che l’apprezzamento della valuta giapponese potrebbe non essere immediato”, continua Perrotta.
Con Bce e Fed su due strade diverse in merito al taglio dei tassi, le attese del mercato sono anche per un indebolimento del cambio euro/usd, che ormai da molti mesi si muove in un intervallo abbastanza ristretto. Non solo, questa “danza” delle banche centrali coinvolgerà anche altri Paesi e le relative valute.
“Tra le valute dei Paesi sviluppati, saranno favorite quelle delle economie in cui i tassi di riferimento rimarranno elevati più a lungo. Ad esempio, il dollaro australiano potrebbe beneficiare se la Reserve Bank of Australia tenesse il costo del denaro sugli attuali livelli ancora per qualche tempo”. Tornando in Europa, “al contrario, la sterlina potrebbe essere penalizzata da un intervento espansivo della Bank of England, con un taglio dei tassi che il mercato attende all’inizio della seconda parte dell’anno”, continua Perrotta.
Uscendo dal campo delle economie sviluppate e passando a quello dei Paesi emergenti, che negli ultimi anni hanno attirato l’attenzione di molti investitori grazie a una performance sorprendemente stabile.
“Riguardo alle valute emergenti, l’adozione di politiche monetarie più accomodanti in queste economie potrebbe limitare l’apprezzamento di tali valute, favorito finora dagli elevati livelli di rendimento offerti dai titoli di Stato locali, lasciando spazio ad un movimento di progressivo deprezzamento nei confronti delle principali valute occidentali” spiega Perrotta.
È il caso della rupia indiana, che ha recentemente toccato i minimi storici contro il dollaro a quota 84, o del real brasiliano, sceso anch’esso sui minimi da oltre un anno nei confronti del biglietto verde.
Questa danza delle valute nasconde grandi rischi e opportunità per gli investitori, che possono muoversi tra le varie monete non solo per cercare rendimenti interessanti, ma per diversificare il portafoglio e proteggersi dalla volatilità sulle asset class principali.
“La diversificazione valutaria contribuisce ad aumentare la decorrelazione tra le singole asset class e a diversificare gli investimenti, contribuendo così a raggiungere gli obiettivi adatti al profilo di rischio/rendimento del singolo investitore”, spiega Perrotta.
“Tuttavia, come si è visto, nell’attuale panorama economico globale, caratterizzato da un consolidamento della crescita e da un’inflazione persistente, le politiche monetarie adottate dalle banche centrali nelle varie economie si dimostrano sempre meno convergenti e difficili da prevedere, sia per quanto riguarda la direzione dei tassi sia per le tempistiche delle decisioni. In un simile contesto, la scelta delle aree geografiche in cui investire deve passare attraverso il supporto di una gestione attiva e professionale, che si basi su un’attenta valutazione delle prospettive delle rispettive valute”, conclude Perrotta.