Il mercato mondiale ha già superato quota 100 miliardi (fonte Statista) e i margini di sviluppo sono enormi. Oltre all’imprenditore Elon Musk – il quale ha fondato insieme a Sam Altman Open AI, una start up costruita ad hoc per esplorare ed espandere le potenzialità dell’intelligenza artificiale - anche Microsoft, Google, Meta e più di recente Amazon si sono unite alla corsa per la creazione dell’AI generativa. Nel corso degli ultimi giorni Microsoft ha guadagnato il 10% circa in borsa sulla scia dei risultati positivi relativi al primo trimestre dell’anno, spinti da una sempre più resiliente domanda derivante dal business del cloud computing e da un outlook sempre più positivo per i servizi legati proprio all’intelligenza artificiale. Il ceo Satya Nadella ha sottolineato durante gli incontri con gli analisti investimenti per circa 10 miliardi di dollari nello sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale e il lancio di una nuova chatbot su Bing.
Se i big tech menzionati sono quelli che hanno messo sul piatto le risorse maggiori tutte le multinazionali del web e dell’innovazione – e non solo quelle della Silicon Valley – stanno lavorando al loro chat-bot.
Il motivo è semplice. Tale tecnologia può offrire diversi vantaggi, come la raccolta e l’analisi di ingenti quantità di dati: un processo che, se impiegato su larga scala, può avere esiti rivoluzionari per molti settori strategici, dalle infrastrutture alla sanità (basti pensare all’impatto che il nuovo potentissimo cervello tecnologico potrebbe avere nella cura delle malattie rare). Eppure non è tutto rose e fiori, anzi. Esistono ancora diversi ambiti da approfondire in relazione ai rischi connessi, soprattutto nel settore economico e finanziario.
“Uno di questi è la sicurezza e la trasparenza dei dati utilizzati dagli algoritmi di intelligenza artificiale. La recente disputa tra ChatGPT e il Garante della Privacy italiano ha evidenziato il rischio che questi algoritmi possano utilizzare dati personali in modo improprio o addirittura illegale. Se i governi dovessero decidere di regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in modo stringente, le società che più vi stanno investendo potrebbero dover cambiare le loro prospettive di crescita e accettare performance negative, come successo con Meta per quanto riguarda gli investimenti nel metaverso”, racconta Corrado Cominotto, responsabile Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali.
Inoltre, l’accuratezza delle informazioni raccolte dalle intelligenze artificiali potrebbe avere alcune incognite per chi utilizza questa tecnologia a scopo di raccolta e analisi dei dati. “Si potrebbe pensare, infatti, di prendere come verità assoluta ogni aggiornamento o previsione di mercato, basati su algoritmi che spesso mal interpretano vari fattori e circostanze fondamentali, generando manipolazione di mercato o creazione di bolle speculative. Il margine di errore, infatti è sempre presente anche per i sistemi più avanzati, e un’eccessiva fiducia nella macchina, non affiancata dall’intervento umano, potrebbe portare a decisioni di investimento non aderenti a quelle desiderate. Ad esempio, un esperimento condotto da una nota testata giornalistica italiana, ha generato un consiglio di portfolio allocation per un profilo di rischio medio del 20% in criptovalute, chiaramente non consono, vista la volatilità di quest’asset class”.
Alcune tra le banche più importanti al mondo – ricorda ancora Cominotto - si stanno muovendo per verificare l’ambito di utilizzo di queste tecnologie, con particolare cautela fin quando non si avranno certezze sull’accuratezza delle analisi da loro generate. JP Morgan, da un lato si sta adoperando per implementare l’intelligenza artificiale, dall’altro ha recentemente limitato l’uso di ChatGPT per i suoi dipendenti, temendo, tra le altre cose per la sicurezza dei dati.
Nonostante lo strumento abbia una portata rivoluzionaria se impiegato con superficialità rappresenta in questa fase più una croce che una delizia. A titolo di esempio la risposta non corretta di un Chat bot – nella finanza in preda alla bolla dell’intelligenza artificiale - può arrivare a far perdere anche migliaia di dollari. E’ quanto successo a Google che ha bruciato 100 mld di capitalizzazione di mercato a causa di una replica imprecisa di Bard, il suo assistente virtuale, diffusa nel giorno della presentazione al pubblico delle novità del colosso nell’ambito dell’AI.
E in ambito finanziario? Come conciliare le potenzialità della tecnologia con i rischi che l’utilizzo porta con sé? Per Banca Generali le decisioni finali devono sempre essere prese da un team di professionisti con il compito di analizzare le informazioni raccolte e prendere decisioni informate, basate su anni di esperienza nel settore.
Potrebbe essere questa la giusta ricetta per cavalcare l’uso dell’AI anche in Italia dove il Garante della privacy, come accennato, aveva bloccato l'applicazione ChatGPT per la clientela più minuta. Il giurista Pasquale Stanzione, ha già spiegato che il provvedimento contro OpenAl è giustificato dall'inosservanza di una corretta informazione agli utenti sull'uso dei loro profili, oltre a una comprensibile tutela dei minorenni. La trattativa in corso con il gruppo americano dovrebbe portare a una revoca del blocco entro la fine del mese.
L’innovazione ormai è difficile da fermare. Non solo; farlo potrebbe essere persino dannoso. L’intero mercato italiano dell'intelligenza artificiale vale, secondo l'osservatorio del Politecnico di Milano, già mezzo miliardo e conta tante promettenti realtà aziendali, peraltro in un contesto di scienziati e ricercatori di livello internazionale. Sempre secondo l’Osservatorio del Polimi nel 2022 il 61% delle grandi imprese italiane ha già avviato almeno un progetto di AI, dato che rappresenta 10 punti percentuali in più rispetto a cinque anni fa. Mentre tra le Pmi il 15% ha almeno un progetto di AI avviato (nel 2021 era il 6%). In Italia le aziende coinvolte operano principalmente nel settore commerciale, anche se grandi passi avanti sono stati fatti negli ultimi tempi in ambito medico e nelle infrastrutture. Tra i principali player dell’IA si ricordano per esempio Ammagamma, MDOtm, CyberDyne e Ynap Group.
I margini di crescita, anche qui, sono potenzialmente sconfinati. E, come sostiene Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera, sarebbe un rischio per il Paese essere completamente tagliato fuori da un processo che inevitabilmente segnerà la storia. Come uscire da questo impasse? Secondo quanto dichiarato a La Repubblica dallo scienziato Roberto Battiston, il nostro approccio culturale deve essere diverso. Conterà per esempio, nell'insegnamento, la capacità di interrogare gli algoritmi e la consapevolezza che le risposte sono il frutto dell'accumulo di un sapere a forte impronta occidentale e anglosassone.
Non va dimenticato che molte università e college di Francia, India e Stati Uniti hanno deciso di vietarla, considerati i precedenti in cui proprio con l'aiuto dell'intelligenza artificiale di OpenAI sono stati superati importanti esami accademici e redatti numerosi paper scientifici. E questo vale anche per altre AI avanzate, con studenti e ricercatori chiamati a riscrivere i loro testi davanti a una commissione per verificare l'effettiva conoscenza della materia. In alcuni casi, i lavori realizzati con l'ausilio di ChatGPT e altre soluzioni analoghe sono stati considerati non validi.
Al di là di questi inconvenienti alcuni Paesi, come gli Stati Uniti e Israele, ritengono il settore assolutamente strategico; gli Emirati hanno creato un ministero per l'intelligenza artificiale e la Francia sostiene persino l'ecosistema locale. Anche l’Italia dovrà trovare il suo cammino, ma con le dovute precauzioni. Che dovranno essere massime in quei settori – come per esempio quello bancario e finanziario – che poggiano parte del loro successo su due valori-pilastro come la fiducia e la riservatezza.