O-Fire: Banca Generali e l’Università di Milano-Bicocca per la tassonomia verde
Presentato presso l’Auditorium “Guido Martinotti” di Milano il primo report annuale dell’Osservatorio sulla finanza sostenibile promosso da Banca Generali, AIFI e l’Università di Milano Bicocca
Quando un’attività economica può definirsi sostenibile? E’ per rispondere a questo interrogativo che è nata negli anni scorsi quella che, nella comunità finanziaria e nella business community internazionale, viene definita Tassonomia europea degli investimenti sostenibili, cioè un insieme di regole e criteri che nel Vecchio Continente hanno un duplice scopo: sia indirizzare i flussi di capitali verso le attività che favoriscono la transizione energetica, sia prevenire il greenwashing, cioè quella pratica ingannevole con cui certe attività vengono spacciate come ecosostenibili, quando in realtà non lo sono. La Tassonomia interessa dunque chi gestisce i risparmi come gli asset manager ma anche tutti gli altri attori dell’industria finanziaria, per esempio le banche ma anche i consulenti finanziari.
Tutti questi argomenti sono stati al centro del Primo Rapporto annuale di O-Fire (Osservatorio sulla Finanza d’Impatto e sue Ricadute Economiche), l’Osservatorio sulla finanza sostenibile lanciato un anno fa dall’Università di Milano-Bicocca insieme a Banca Generali, ai partner dell’asset management (Generali Investments, Pictet, Ubs Asset Management) e Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt) . Dal titolo ““Simplified reading” of the European taxonomy and first assessment of its implications”, il Rapporto è stato presentato marted’ 29 novembre all’Auditorium “Guido Martinotti” dell’Università di Milano-Bicocca.
“La sostenibilità è una delle tematiche fondamentali del piano strategico del nostro ateneo” ha detto la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca”, Giovanna Iannantuoni, “e per questo un anno fa abbiamo voluto dare vita all’Osservatorio O-Fire, che, grazie alla collaborazione tra Università di Milano-Bicocca, Banca Generali e Aifi, si propone come organismo scientifico di riferimento per la green finance in Italia”.
“Serve grande responsabilità e coordinamento da parte delle istituzioni per incanalare nella corretta direzione gli sforzi delle imprese nella transizione sostenibile”, ha dichiarato Andrea Ragaini, vice direttore Generale di Banca Generali che ha aggiunto: “dopo una prima fase di forte crescita delle sensibilità ambientali e dell’offerta di investimenti ESG dagli asset manager che hanno coinvolto in modo variegato le attività economiche e produttive, serve ora focalizzarsi sulla definizione delle best practice e indirizzare in modo ancora più costruttivo questo percorso virtuoso”.
Il primo rapporto dell’Osservatorio e la tassonomia ESG
Il Primo Rapporto dell’Osservatorio O-Fire è stato realizzato su un campione di aziende europee di grandi dimensioni (1.391 con fatturato complessivo 10mila miliardi di dollari) e rivela che in Europa c’è ancora molta strada da fare per avere un quadro di regole e criteri universalmente riconosciuti. Le aziende sono state esaminate prendendo a riferimento oltre 800 variabili ESG (ambientali, sociali e di governance) di cui 370 relative all'ambiente (per esempio le emissioni, l’impronta di carbonio, le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, i consumi di acqua, la biodiversità e l’uso del suolo).
Quello che i ricercatori hanno riscontrato è stato un disallineamento tra queste variabili e quelle contenute nei criteri della Tassonomia, cioè quei criteri che identificano appunto le attività sostenibili, in grado quindi di dare un contributo sostanziale alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici. "Non si tratta degli stessi parametri”, puntualizzano i ricercatori di O-Fire, “oppure si tratta degli stessi, ma il grado di dettaglio non è paragonabile a quello richiesto dalla Tassonomia”.
Tassonomia ESG: il ruolo dell’Asset Management
Tutte queste tematiche non possono certo lasciare indifferenti le società di gestione del risparmio. Non a caso, alla presentazione dell’Osservatorio O-Fire erano presenti anche tre rappresentanti di primarie società dell’asset management: Desirée Scarabelli, sales director and ESG Specialist di Pictet, Marta Pievani, coordinator della Business unit ESG and Sustainability di Generali Investments A&WM e Teresa Gioffreda, head of GWM Client Coverage Italy di Ubs Asset Management.
“Generali Investments è un ecosistema di molteplici società di gestione del risparmio”, ha detto Pievani, “che riunisce diversificate competenze e un altrettanto diversificato approccio agli investimenti sostenibili”. Pievani cita Sycomore AM, pioniere negli investimenti sostenibili che, negli ultimi 20 anni, ha contribuito in modo determinante ad affermare i criteri ESG nel mercato europeo.
Senza dimenticare il real estate, un segmento di business di primaria importanza per Generali, in cui i temi della sostenibilità sono assai rilevanti. "Con il passare degli anni", prosegue Pievani, "grazie alle opere di ristrutturazione per rendere più sostenibili gli edifici e attraverso contratti di green leasis ci aspettiamo che sia possibile avere un accesso maggiore ai dati ESG degli edifici per dimostrare il nostro contributo positivo agli obiettivi della tassonomia europea".
“Il nostro primo prodotto sul fronte della sostenibilità è nato ben 25 anni fa, nel 1997”, ha detto Gioffreda di Ubs Asset Management, che ha aggiunto: “all’inizio palavamo principalmente di criteri di esclusione, spesso accomunati a valori etici o religiosi, limitando questa preferenza a una nicchia di mercato. Nei dieci anni successivi, l’industria si è mossa verso l’utilizzo attivo dei criteri ESG (ambientali sociali e di governance), nei processi di selezione dei titoli, iniziandone ad apprezzare il valore aggiunto, soprattutto in termini di riduzione del rischio”.
Gioffreda ha sottolineato poi come si sia fatta strada nel tempo, tra le istituzioni finanziarie, la consapevolezza di unire le forze e far parte di organizzazioni che si adoperano attivamente raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050. “Facciamo engagement con le aziende”, ha aggiunto Gioffreda, “cioè entriamo in dialogo con loro cercando di farle migliorare nei fattori ambientali sociali e di governance. E lo facciamo sia da soli, sia collettivamente con altri grandi investitori, per aumentare l’impatto sugli obiettivi che ci stanno a cuore”.
Importante anche la testimonianza di Desirée Scarabelli di Pictet, società pioniera negli investimenti sostenibili, un campo nel quale si è “cimentata” fin dagli anni ’90 del secolo scorso. “Più di venti anni fa, quando in tutta l’industria finanziaria si parlava soprattutto di investire in tecnologia e aziende tecnologiche”, dice Sacarabelli, “abbiamo lanciato il primo fondo ambientale tematico, il Pictet Water, legato al tema delle risorse idriche”.
All’inizio Pictet incontrò un certo scetticismo nella comunità finanziaria ma i fatti hanno dimostrato come quella scelta fosse lungimirante. “Dal lancio di quel fondo e di altri prodotti è partito un grande filone”, dice Scarabelli, che ricorda l’evoluzione subita nel tempo dagli investimenti Esg. Prima le case di gestione erano concentrate nell’individuare i temi validi per investire.
Poi, le società di asset management si sono rese conto sempre più conto del loro ruolo attivo, cioè della possibilità di adoperarsi in prima persona per spingere le aziende a mettere in atto comportamenti sempre più virtuosi sul fronte della sostenibilità. Inoltre, Pictet si è resa conto anche dell’importanza di avere partner esterni che la aiutassero a individuare per tempo i megatrend più rilevanti sul fronte degli investimenti Esg.
L’analisi contenuta nel Rapporto ha d’altro canto evidenziato una maggiore resilienza degli investimenti sostenibili rispetto al mercato e una certa correlazione tra le performance ambientali e quelle finanziarie delle imprese, in particolare quelle energetiche.
Dall’analisi di diverse fonti (Morningstar, Bloomberg e Ocse), l’Osservatorio ha rilevato come nel terzo trimestre del 2022 i fondi sostenibili abbiano avuto afflussi netti per 23 miliardi di dollari contro i 35 del trimestre precedente e i circa 80 del primo trimestre; gli investimenti convenzionali (fondi del mercato generalizzato), invece, hanno subito deflussi pari a circa 280 miliardi nel secondo trimestre e 200 miliardi nel terzo. I fondi sostenibili si sono mostrati dunque più resilienti alla crisi economica in atto.