Per la maggior parte degli analisti, il 2024 avrebbe dovuto essere ‘l’anno dei bond’, e in parte si può dire che lo è stato: il verde è infatti il colore dominante per le performance dei principali mercati obbligazionari.
Il 2024 dell’obbligazionario, chi vince e chi perde
Dalla corsa dei titoli corporate alle incertezze degli emergenti, i bond e il credito hanno vissuto un anno positivo ma con performance talvolta molto differenti. E in Europa spicca il BTP
Il 2024 era iniziato con la previsione, da parte di molti, di grandi performance all’orizzonte per il settore obbligazionario, grazie ad attese per rapidi e decisi tagli dei tassi da parte delle banche centrali globali. Ma è andata davvero così? Chi ha fatto meglio e chi peggio nel credito in un anno che non ha mancato di riservare sorprese, e un po’ di volatilità, agli investitori?
“Per la maggior parte degli analisti, il 2024 avrebbe dovuto essere ‘l’anno dei bond’, e in parte si può dire che lo è stato: osservando il seguente grafico, è facile notare come il verde sia il colore dominante per le performance dei principali mercati obbligazionari”, spiega Giulio Siniscalco, Portfolio Manager – Team Fixed Income & Alternative di Banca Generali.
I trionfatori: le obbligazioni societarie
Le obbligazioni societarie, o corporate bond, hanno vissuto un anno da ricordare. Un’euforia che in parte è stata una seconda faccia del rally di Wall Street e delle altre Borse, spinto dalla capacità di resistenza dell’economia e dalle promesse del presidente-eletto Trump in materia di politica economica, ovvero tagli delle tasse e forti investimenti infrastrutturali, a cui si sono aggiunti fattori specifici, come le attese di una politica monetaria più accomodante e un tasso di insolvenza molto basso.
“I vincitori indiscussi di questo 2024 sono i bond corporate, i cui ritorni sfiorano in alcuni casi la doppia cifra. Gli spread dei titoli corporate hanno registrato grande stabilità, anche nelle fasi di forte stress dei mercati, come a inizio agosto, quando la volatilità dell’azionario è salita a livelli record. Nella seconda parte dell’anno, i forti flussi da parte degli investitori su questa asset class hanno determinato una forte compressione degli spread, che terminano il 2024 sui livelli più bassi dal 2021”, spiega Siniscalco.
Titoli di Stato, spicca il BTP
Meno positivo l’anno dei titoli di Stato, almeno se si guarda al settore nel suo aggregato. Le attese erano per performance molto forti, grazie all’aspettativa di rapidi e decisi tagli dei tassi su entrambe le sponde dell’Atlantico. Ma la prudenza delle banche centrali e un’inflazione che, pur scendendo, non è ancora tornata stabilmente ai target, hanno messo i bastoni tra le ruote di questo trend atteso.
“Per i titoli governativi, il 2024 si era aperto con grande ottimismo, sostenuto dalle attese di rapidi e profondi tagli dei tassi da parte delle principali banche centrali. La realtà si è mostrata decisamente meno rosea per i titoli di Stato, che chiudono l’anno con rendimenti superiori rispetto ai livelli di fine 2023, soprattutto sulle scadenze medio-lunghe (vedi grafico sotto)”, spiega Siniscalco.
In Europa a fare meglio di tutti sono stati i titoli italiani, che hanno visto un restringimento degli spread e una performance ai vertici del settore.
“Tra i mercati europei, spicca la performance dei BTP, che hanno beneficiato di una maggiore stabilità politica rispetto a Francia e Germania, riconosciuta anche dalle principali agenzie di rating che hanno migliorato il merito creditizio nel corso dell’anno. I titoli di Stato italiani si apprestano a chiudere il 2024 con una riduzione significativa dello spread rispetto al titolo decennale tedesco (-50 punti base) e quasi annullando il differenziale rispetto ai titoli francesi”, continua Siniscalco.
Anno da dimenticare, o quasi, per Bund tedeschi e Oat francese, penalizzati in entrambi i casi da un pericolo mix di crescita stagnante e instabilità politica. Il decennale tedesco, un tempo asset rifugio con pochi rivali, ha visto il rendimento salire oltre quello dei i tassi IRS (Interest Rate Swap), che sono considerati privi di rischio, mentre Berlino è de facto senza governo in attesa delle elezioni anticipate di febbraio 2025.
L’Oat francese, invece, paga le turbolenze politiche, con quattro cambi di governo nell’ultimo anno, i timori su un debito che non riesce ad assestarsi su una traiettoria discendente e il conseguente declassamento del rating di credito da parte di Moody’s ad ‘Aa3’ e un rendimento salito oltre quello del decennale greco.
Obbligazioni emergenti, un quadro di luci e ombre
Andamento contrastato per i bond dei Paesi emergenti: se le emissioni denominate in dollari USA hanno beneficiato della generale compressione degli spread, mettendo a segno una performance superiore al 6%. Lo stesso non si può dire per quelle denominate in valuta locale.
“La performance leggermente positiva (+2,2%) realizzata da questa asset class nel 2024 in realtà maschera un forte deprezzamento delle divise dei paesi emergenti, più che compensato dagli alti tassi di interesse pagati da queste emissioni. L’indebolimento delle valute emergenti si è ulteriormente accentuato dopo la vittoria di Trump e ha colpito soprattutto i Paesi come il Messico che potrebbero essere nel mirino dei dazi promessi dalla nuova amministrazione USA”, spiega il gestore di Banca Generali.
In direzione contraria: il Giappone
In fondo alla classifica troviamo i titoli di Stato giapponesi, penalizzati dalla decisione della banca centrale di portare i tassi in territorio positivo per la prima volta dal 2015, riducendo al contempo il colossale programma di Quantitative Easing. La Bank of Japan è stata l’ultima importante banca centrale a pronunciarsi nel 2024, mantenendo invariati i tassi d’interesse dopo i 2 rialzi effettuati nel corso dell’anno e determinando un ulteriore indebolimento dello Yen, sceso di oltre il 10% rispetto al dollaro USA nel 2024.