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Cina-Usa, i bond diventano un’arma nella guerra dei dazi?
17 aprile 2025#WeeklyWatch

Cina-Usa, i bond diventano un’arma nella guerra dei dazi?

Il conflitto commerciale tra Pechino e Washington si è acceso e i titoli di Stato americani hanno assistito a forti vendite, sollevando il dubbio che il Dragone stia usando le sue riserve di Treasury come arma per mettere pressione su Trump

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina si è fatta ormai rovente, con i dazi reciproci che hanno superato ampiamente il 100%, arrivando a quote mai viste nel passato recente (145% quelli di Washington contro Pechino e 125% quelli cinesi sui prodotti americani). Ma l’escalation non sembra destinata a fermarsi e anzi, il timore dei mercati è che tra le armi del conflitto entrino anche i titoli di Stato americani, i Treasury. Sempre che non l’abbiano già fatto.

Si riaccende la guerra dei dazi

Dopo la decisione del 9 aprile del presidente Usa Trump di ‘congelare’ per 90 giorni i dazi reciproci contro la maggior parte dei partner commerciali, l’asse Pechino-Washington è di gran lunga il più caldo dell’offensiva commerciale sferrata dall’amministrazione statunitense con gli annunci delle tariffe doganali dal Liberation Day del 2 aprile.

Come spiegato da Paolo Magri, presidente del Comitato Scientifico dell’ISPI, in un recente evento promosso da BG Suisse Private Bank, la controllata svizzera del gruppo Banca Generali, Trump ha avviato una vera e propria guerra commerciale con la Cina. Un conflitto le cui conseguenze, ha sottolineato Magri, sono difficili da prevedere, visto il livello di interconnessione tra le economie delle due grandi potenze. Trump ha promesso un’età dell’oro agli americani, ma per il momento si assiste a grande incertezza e nervosismo sui mercati, mentre le attese degli esperti per l’economia Usa sono ora in maggioranza orientate verso una recessione.

Qualcuno però sospetta che il confronto tra Cina e Stati Uniti abbia già varcato il confine del commercio, per entrare nel territorio della finanza. Oltre alla violenta reazione dei mercati azionari, tra i fattori che hanno spinto Trump a sospendere i dazi per 90 giorni, secondo molti osservatori, ci sono state anche le forti vendite di titoli di Stato americani, con il conseguente repentino aumento del costo del debito Usa. E qualcuno sospetta che dietro queste vendite ci sia proprio la Cina.

Un romanzo giallo sui mercati

Andando con ordine: la Cina, attraverso la sua banca centrale e le sue istituzioni finanziarie, ha accumulato negli anni una grande quantità di titoli di Stato americani, arrivando a tratti a detenere quasi il 30% di tutti i Treasury in mani straniere. Per cui, quando i bond statunitensi sono stati bersagliati dalle vendite la scorsa settimana, molti hanno pensato a una mano cinese dietro il movimento del mercato.

Di certo sappiamo che i Treasury hanno assistito la scorsa settimana a un movimento molto pronunciato, con prezzi in fortissimo calo e una volatilità su livelli da mercato azionario. Quando ci sono movimenti di questa entità si cerca sempre un colpevole”, spiega Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali.

Il gestore spiega come si possa “escludere che le vendite siano state innescate da aumentate aspettative di inflazione. I dati mostrano che il mercato si aspetti più inflazione a causa dei dazi Usa, ma solo nel breve periodo. Le aspettative di inflazione a lungo termine sono rimaste stabili e le vendite sul mercato obbligazionario hanno invece coinvolto i titoli a più lunga scadenza (10 e 30 anni). Anche l’ipotesi che la turbolenza sia dovuta alla chiusura di operazioni speculative di arbitraggio degli hedge fund, come successo durante la crisi del Covid nel marzo 2020, non è suffragata dai dati”.

In questo strano romanzo poliziesco, una pistola fumante però sembra esserci, ed è rappresentata dal timing delle vendite sui Treasury Usa. “Il movimento sui tassi Usa è stato accompagnato da un indebolimento del dollaro, suggerendo che le vendite provenissero dall’estero. E questo calo del biglietto verde, come indicato dai dati sugli acquisti sul cambio euro/usd, è avvenuto principalmente durante l’orario di contrattazioni in Asia. Quindi le mani dietro le cessioni di titoli di Stato Usa sembrano  essere proprio asiatiche. Se cinesi o giapponesi o altro è difficile dirlo, almeno fino alla seconda metà di maggio, quando saranno disponibili più dati”, continua Baldessari.

Analisi e conseguenze sui portafogli

Quel che è certo è che, se è stata davvero Pechino a vendere in massa i titoli di Stato Usa, non è stata un’inversione di trend improvvisa causata dall’escalation tariffaria con gli Usa.

La quota di debito Usa detenuta dalla Cinaè in calo da anni. La tendenza è iniziata durante il primo conflitto commerciale con gli Stati Uniti nel 2018-19, per arrestarsi durante gli anni del Covid e riprendere nel 2022. Pechino detiene ormai meno del 10% di tutti i titoli di Stato Usa in mani non americane, ai minimi dal 2003 e su livelli comparabili a quelli di altri Paesi come Giappone e UK. Il trend fa parte di una strategia di diversificazione delle riserve da parte della banca centrale cinese, che ha portato a forti acquisti sull’oro e su altre valute. È difficile fare previsioni ma non sembra pensabile che la Cina possa accelerare ancora di più queste vendite per un periodo prolungato di tempo”, aggiunge Baldessari.

Guardando ai portafogli, “il movimento ha portato i rendimenti dei Treasury fino al 4,5%, un livello che può essere visto come un’appetibile occasione d’acquisto in ottica di diversificazione e che ha attratto diversi acquisti. In Europa, le turbolenze sui bond Usa hanno aiutato gli acquisti sui titoli di Stato del Vecchio Continente, con soprattutto il Bund tedesco che ha recuperato dopo le vendite che lo avevano colpito a febbraio. In generale i titoli governativi europei possono beneficiare di una prudenza degli investitori verso Treasury e dollaro”, prosegue il gestore di Banca Generali.

Quel che è certo è che “i primi mesi del 2025 non sono stati semplici sul mercato dei bond, con un alto livello di volatilità che ha aperto opportunità ma anche scosso alcune certezze e in cui il fai-da-te rischia di esporre a trend e turbolenze difficili da gestire per un investitore non professionista”, conclude Baldessari.

Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali. Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali.
I Treasury hanno assistito la scorsa settimana a una volatilità su livelli da mercato azionario. Quando ci sono movimenti di questa entità si cerca sempre un colpevole. Possiamo escludere che le vendite siano state innescate da aumentate aspettative di inflazione, o dalla chiusura di operazioni speculative di arbitraggio degli hedge fund, come successo durante la crisi del Covid nel marzo 2020

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