Stiamo per lasciarci alle spalle un 2022 complesso per il mercato obbligazionario, ma il contesto macroeconomico che si prospetta per il 2023 appare più favorevole.
2022: l'anno peggiore per le obbligazioni
Caroprezzi, inflazione e aumento dei tassi di interesse tra i motivi che hanno portato quest'anno i bond al declino, registrando perdite a doppia cifra.
Il 2022 è stato un anno molto complicato per i mercati finanziari. I ritorni negativi fatti registrare sia dalle azioni che dalle obbligazioni sono principalmente dovuti al conflitto bellico in Ucraina che ha esacerbato il rialzo generalizzato del prezzo delle materie prime già in atto dopo le riaperture post pandemia, generando ulteriori pressioni inflazionistiche.
Ciò è avvenuto negli Stati Uniti, dove il rialzo dei prezzi al consumo ha toccato un picco poco al di sopra del 9%. Ma è avvenuto anche in Europa, dove l’inflazione ha oltrepassato la soglia del 10%.
Per contrastare un caroprezzi così elevato, le banche centrali hanno alzato a più riprese i tassi di interesse di riferimento nel corso dell’anno. La Federal Reserve americana li ha innalzati di 375 basis point (3,75%) e la Banca centrale europea di 250 punti base (2,5%). “Questo contesto ha causato movimenti di mercato anomali”, dice Corrado Cominotto, responsabile delle Gestioni Patrimoniali attive di Banca Generali, “basti pensare che, negli ultimi 90 anni, il mercato azionario e quello obbligazionario hanno registrato contemporaneamente performance negative soltanto in quattro occasioni (1931, 1941, 2018, 2022) e solo quest’anno le hanno registrate entrambi con perdite a doppia cifra”.
Durante il 2022, come ricorda Cominotto, le perdite in conto capitale sui titoli governativi dell’Eurozona sono state nell’ordine del 14% circa. In particolare, il rendimento del Bund decennale tedesco è passato da -0,17% al 2,2% circa mentre quello del Treasury americano dall’1,5% al 3,5% circa. La politica monetaria restrittiva attuata dai due governatori su entrambe le sponde dell’Oceano, Jerome Powell in America e Christine Lagarde in Europa, ha contribuito a causare una contrazione delle stime di crescita del prodotto interno lordo a livello globale. E ha aumentato le probabilità che gli economisti attribuiscono all’arrivo di una recessione nel corso del prossimo anno. “Quest’ultima pare essere attualmente prezzata dal mercato”, continua Cominotto, che aggiunge: “Sia in Europa che negli Stati Uniti si osservano infatti curve dei rendimenti invertite con i titoli di Stato a breve termine che presentano rendimenti superiori a quelli sulla parte a medio-lungo termine”.
Btp, Bund e...
Nel segmento relativo ai titoli di Stato, anche quest’anno i Btp italiani hanno avuto un momento, a ridosso della crisi del governo Draghi e delle conseguenti elezioni, in cui si è verificato un aumento degli spread (cioè i differenziali di rendimento) dei Buoni del Tesoro decennali rispetto ai Bund tedeschi di uguale durata. Più precisamente, lo spread sui titoli decennali ha raggiunto i 250 punti base (per poi ripiegare ad oggi a circa 210 basis point). “Tali stress di mercato sui titoli di Stato italiani non sono nuovi e si sono già verificati diverse volte negli scorsi anni”, ricorda il responsabile delle Gestioni Patrimoniali Attive di Banca Generali. Oltre che sulla scadenza decennale, l’allargamento ha colpito anche le scadenze brevi, con il differenziale di rendimento dei titoli governativi BTP-Bund a 2 anni che è arrivato a 130 punti base, per poi ritracciare, ad oggi a un livello molto più modesto di 65 basis point. Durante le fasi di maggior stress la Banca Centrale Europea è comunque intervenuta verbalmente, ricordando che ci sono strumenti per mantenere la stabilità degli spread dei membri dell’Eurozona.
Bond Corporate
Sul fronte dei bond corporate (titoli di debito emessi da società private), invece, nel corso del 2022 si è assistito ad un allargamento degli spread del credito sia per le obbligazioni Investment Grade (cioè con rating sopra la tripla B) che per quelle High Yield (con rating inferiore alla tripla B). Questi ultimi, più degli spread Investment Grade, hanno solo parzialmente recuperato nell’ultimo trimestre dell’anno grazie ai dati relativi all’inflazione negli Stati Uniti, usciti inferiori alle attese. “Attualmente, il livello dei rendimenti nel segmento High Yield è tale da offrire attraverso le cedole una buona protezione qualora gli spread dovessero nuovamente allargarsi nel corso delle prossime settimane”, dice Cominotto.
Infine il responsabile Gestioni Patrimoniali Attive di Banca Generali evidenzia che, “dopo diversi anni di tassi a rendimenti prossimi allo zero e in molti casi anche negativi, il contesto macroeconomico che si prospetta per il 2023 appare più favorevole per gli investimenti obbligazionari rispetto al passato. Tale visione è conseguente a un approccio delle banche centrali che si annuncia per il 2023 meno aggressivo e tendenzialmente alla fine del ciclo dei rialzi dei tassi. Gli attuali rendimenti, fra il 2% e l’8% a seconda del profilo di rischio dell’emissione, prezzano uno scenario realistico rispetto alle attuali previsioni”. Per Cominotto è inoltre da tenere in considerazione il fatto che molte delle società presenti sul mercato hanno bloccato il loro indebitamento negli anni passati e dovranno tornare a rifinanziarsi sul mercato per lo più dal 2024 in poi. Questo dovrebbe consentire ai tassi di default (cioè di mancato rimborso alla scadenza dei titoli) di non aumentare in modo troppo significativo nel corso del prossimo anno.