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Riflettori sui bond, il 2025 inizia sotto pressione
Riflettori sui bond, il 2025 inizia sotto pressione
15 gennaio 2025#WeeklyWatch

Riflettori sui bond, il 2025 inizia sotto pressione

L’anno comincia con il piede sbagliato per i titoli di Stato di tutto il mondo. Negli Usa la forza dell’economia spegne l’entusiasmo sui tagli Fed. Ma è il Regno Unito il mercato più sotto pressione. Uno scenario volatile in cui la gestione attiva può mitigare i rischi ed estrarre valore

Il 2025 non si è aperto sotto una buona stella per i mercati obbligazionari globali. I rendimenti dei titoli di Stato su entrambe le sponde dell’Atlantico erano in salita già da diverse settimane, ma nelle prime sedute di gennaio i tassi obbligazionari sono balzati fino a livelli che non si vedevano da molti mesi o, nel caso di alcuni Paesi, da molti anni. Il caso più clamoroso è quello del Regno Unito, dove i tassi obbligazioni sono sui massimi dagli anni ’90 nel caso dei titoli Gilt trentennali.

Movimenti che hanno risvegliato i freschi ricordi del 2022-23, un biennio di perdite e volatilità con pochi precedenti per i titoli di Stato in tutto il mondo e che fanno temere a molti investitori la possibilità di un altro “anno perduto” per i bond e minacciano volatilità su un asset che tradizionalmente viene visto come a basso rischio.

USA: i Treasury verso il 5%

Il balzo dei rendimenti è stato più evidente negli Stati Uniti, con i rendimenti del titolo di Stato decennale che sono risaliti ai massimi dal novembre 2023, al 4,8% circa avvicinandosi alla soglia “psicologica” del 5% (vedi grafico).

Negli Stati Uniti il movimento verso l’alto dei rendimenti obbligazionari è iniziato da alcuni mesi. La prima spinta è arrivata dalle elezioni americane, con la vittoria di Donald Trump”, spiega Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali.

Molti osservatori vedono infatti le politiche promesse da Trump in campagna elettorale su dazi commerciali, spesa pubblica e immigrazione come potenzialmente inflazionistiche. 

A dicembre, dopo un tentativo di recupero, i rendimenti sono tornati a salire. Prima la Fed, in occasione della riunione di dicembre, si è mostrata molto più prudente sull’ipotesi di tagliare rapidamente i tassi d’interesse a causa della forza dell’economia americana (la crescita è attesa ancora al 2,5%) e di previsioni sull’inflazione che sono state riviste al rialzo, al 2,5% per il 2025. A questo si è aggiunta un’altra doccia fredda: il rapporto sul mercato del lavoro Usa per il mese di dicembre ben più forte delle attese, con il tasso di disoccupazione sceso al 4,1%. Per questo ora il mercato si attende un solo taglio dei tassi da parte della banca centrale americana nel 2025. È da rilevare poi come all’aumento dei rendimenti si è accompagnato anche un aumento dei flussi di acquisto di Treasury. Insomma i tassi più alti negli Usa creano comunque un certo interesse”, prosegue Baldessari.

Eurozona, rendimenti su ma il rialzo è meno giustificato

Anche nell’area euro i tassi obbligazionari sono saliti, con i rendimenti del titolo di Stato tedeschi saliti di quasi 60 punti base al 2,6% in poco più di un mese e i decennali francesi verso il 3,5%, sui massimi dal pieno della crisi finanziaria del 2011.

L’aumento dei rendimenti in Europa “c’è stato, ma meno violento, concentrato sui titoli a più lunga scadenza e in buona parte innescato da quello dei Treasury sull’altro lato dell’Atlantico”, spiega il gestore di Banca Generali. Infatti, prosegue Baldessari, “le aspettative per l’Eurozona sui tassi sono ancora di quattro tagli dei tassi d’interesse da parte della Bce, a fronte di un’economia ancora debole e un’inflazione che non mostra segnali decisi di voler ripartire. Un contesto in cui gli spread sono rimasti grossomodo stabili”.

Tuttavia, alcuni fatti sono da rilevare e monitorare, sottolinea il gestore.

In primo luogo, i Bund per la prima volta da 10 anni sono arrivati a rendere più dei tassi swap privi di rischio, “poiché gli investitori pensano che il governo che si insedierà a Berlino dopo le elezioni di febbraio stempererà l’austerità in materia di spesa pubblica per cercare di portare l’economia tedesca fuori dalla stagnazione. Ma questo sta facendo perdere ai titoli di Stato tedeschi quello status speciale di asset rifugio di cui hanno goduto per molti anni”, spiega Baldessari.

Un altro elemento da tenere a mente, prosegue l’esperto, “è che da inizio gennaio 2025, per la prima volta da più di dieci anni, la Banca Centrale Europea non riacquista più titoli di Stato nell’ambito dei suoi programmi di QE”.

E in un panorama di forti emissioni di debito pubblico, questa assenza della Bce potrebbe portare ad alcune turbolenze.

Regno Unito: una tempesta perfetta?

Chi se la sta vedendo peggio è però il Regno Unito, dove i rendimenti obbligazionari hanno toccato livelli che non si vedevano da molti anni, superando di slancio anche le vette toccate nell’ottobre del 2022 con la crisi che seguì la presentazione del bilancio dell’allora premier Liz Truss. Il Gilt a dieci anni rende il 4,9%, un livello che non si vedeva dal 2008, mentre il titolo trentennale è sui massimi dagli anni ’90, al 5,5%.

Il debito britannico “sembra essere finito nell’occhio del ciclone. Tra un’economia in difficoltà, un governo che è in carica da pochi mesi ma sembra già traballare e un’inflazione ostinata, quello del Regno Unito sembra il mercato più debole e questa debolezza sembra aver attirato anche gli speculatori, come si può intuire dal contemporaneo calo della sterlina. I rendimenti reali sono di fatto risaliti a un livello che non si vedeva da oltre 20 anni (vedi grafico)”, spiega Baldessari.

Un altro anno perduto?

Il 2025 si profila quindi come un altro anno negativo per le obbligazioni, dopo il biennio nero del 2022-23 e un 2024 volatile? Non necessariamente.

Negli Usa lo scenario è incerto e lo resterà finché non ci sarà chiarezza sulla politica commerciale di Donald Trump. In Europa i fondamentali restano costruttivi per l’obbligazionario e il movimento di questi ultimi giorni potrebbe anzi rivelarsi un’opportunità. In particolare, sui titoli a più lunga scadenza, a fronte di una Bce che dovrebbe continuare a tagliare i tassi, potrebbe esserci più valore. Anche sulla parte dei titoli obbligazionari corporate, come anche nelle fasi di volatilità del 2024, gli spread sono stabili. Tuttavia, il contesto è senza dubbio volatile e per mitigare i rischi ed estrarre valore è fondamentale, come sempre, avvalersi di una gestione attiva e professionale”, conclude Baldessari.

Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali. Paolo Baldessari, Responsabile Fixed Income & Alternative per l’area dell’Asset Management di Banca Generali.
Negli Stati Uniti il movimento verso l’alto dei rendimenti obbligazionari è iniziato da alcuni mesi e la situazione resta incerta. In Europa i fondamentali restano costruttivi per l’obbligazionario, a fronte di una Bce che dovrebbe continuare a tagliare i tassi, e potrebbe esserci più valore. Tuttavia, il contesto è senza dubbio volatile e per mitigare i rischi ed estrarre valore è fondamentale, come sempre, avvalersi di una gestione attiva e professionale