La situazione verrà attentamente monitorata per intercettare eventuali nuovi elementi che possano peggiorare il sentiment di mercato. Nel mentre si suggerisce cautela e di non aumentare l’esposizione alle obbligazioni di Credit Suisse.
Credit Suisse: cos’è successo e cosa succederà ora
L'epilogo di Credit Suisse viene da lontano, il colosso elvetico non brilla da almeno tre anni. Scopriamo insieme cosa è successo e cosa succederà!
“Non sarà un’operazione facile”. Colm Kelleher, presidente di Ubs, ha commentato così, con una certa franchezza, l’acquisizione da parte del suo gruppo di Credit Suisse, colosso finanziario elvetico finito nelle scorse settimane sull’orlo del baratro. Come sa bene chi ha seguito le cronache finanziarie più recenti, Credit Suisse verrà salvata con una operazione complessa: ci sarà una fusione con Ubs. La maggiore banca svizzera ingloba così la principale concorrente, attraverso uno scambio di titoli: un’ azione di Ubs ogni 22,48 azioni di Credit Suisse possedute, per un valore totale di 3 miliardi di euro.
Con questa operazione, le azioni di Credit Suisse vengono valorizzate appena 76 centesimi l’una, mentre la settimana scorsa erano scambiate in borsa 1,86 franchi svizzeri. Contemporaneamente, il salvataggio prevede un massiccio intervento dello stato elvetico con un fondo da 25 miliardi di franchi per sostenere i costi di ristrutturazione della banca e una garanzia pubblica sulle eventuali perdite superiori ai 5 miliardi di franchi, oltre a un cuscinetto della Banca nazionale svizzera (BNS) che garantirà tutta la liquidità necessaria.
Ecco dunque il triste epilogo di una vicenda che viene da lontano, visto che la stella di Credit Suisse ha iniziato a non brillare come prima da almeno 3 anni. Nel 2020, uno scandalo di spionaggio industriale ha portato alle dimissioni dell’ex ceo Tidjane Thiam. Poi il crack nel 2021 di due società controllate: la britannica Greensill Capital e il family office statunitense Archegos in cui il gruppo svizzero aveva investito miliardi su miliardi. Nel 2022 è poi arrivato poi il fallimento della controllata delle Bermuda e infine il crollo del 2023, quando la banca ha ritardato la pubblicazione dei bilanci del 2022 in quanto le autorità di vigilanza statunitensi (Sec) hanno messo in dubbio le revisioni dei conti degli anni precedenti. Intanto il titolo è sprofondato in borsa mentre i maggiori azionisti della Saudi National Bank, partecipata per il 37% dal fondo sovrano saudita, hanno escluso la possibilità di mettere nuovi capitali in Credit Suisse.
L’operazione di salvataggio da parte di UBS
Ora le ultime speranze restano aggrappate all’operazione di salvataggio. “L’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, per quanto possa essersi resa necessaria per placare una spirale negativa sul settore finanziario svizzero, presenta ancora diversi elementi di incertezza”, commenta Generoso Perrotta, Head of Financial Advisory di Banca Generali, che aggiunge “In primo luogo saranno da valutare eventuali modifiche al piano nelle prossime settimane. In secondo luogo il rischio di esecuzione rimane elevato. Gli analisti hanno evidenziato come manchino ancora molti dettagli su come si procederà all’integrazione e da questi dipenderà il successo dell’operazione. Infine” continua Perrotta, “per gli azionisti UBS l’operazione avrà la conseguenza di modificare il profilo dell’investimento da una banca in crescita e con un focus sulla remunerazione degli azionisti a una storia di ristrutturazione, i cui primi risultati positivi sono attesi solo tra 4 anni. Nel breve, quindi, ci potrebbe essere pressione al ribasso sulle azioni UBS. Pertanto, sulla banca si riduce il giudizio da positivo a neutrale e si consiglia di mantenere l’azione se già in portafoglio, ma di non comprare o aggiungere nuove posizioni”.
Gli Additional Tier 1
Oltre al crack della banca, nella vicenda di Credit Suisse ha fatto discutere il trattamento subito dai detentori di bond AT1 (Additional Tier 1), una particolare categoria di titoli obbligazionari emessi dalle banche, il cui valore è stato completamente azzerato. I possessori di questi strumenti hanno dunque perso tutto quanto investito, mentre i possessori di azioni (che dovrebbero essere per natura i titoli più rischiosi) stanno perdendo molto, ma non certo tutto quanto investito. “Nella struttura di capitale di una banca gli AT1 (Additional Tier 1) sono gli strumenti con un grado di subordinazione maggiore rispetto alle altre categorie di debito”, spiega Perrotta, “concorrono a formare il capitale regolamentare (Tier 1) e possono essere convertiti in azioni o azzerati al presentarsi di determinate condizioni (come ad esempio se il capitale scende sotto un certo livello)”. Tuttavia, l’Advisor di banca Generali spiega che “gli AT1 sono stati considerati, nel tempo, senior rispetto alle azioni. L’azzeramento degli AT1 di Credit Suisse in conseguenza del salvataggio da parte di UBS deriva fondamentalmente da due fattori: il primo è che nei prospetti degli AT1 della banche svizzere, il linguaggio permette il permanent write down (azzeramento permanente dell’obbligazione) mentre i prospetti relativi alle emissioni AT1 di molte delle banche europee prevedono un temporary write down (azzeramento temporaneo degli AT1 o conversione in azioni); il secondo, è un fattore politico, ovvero le istituzioni svizzere hanno dato la priorità alla garanzia dei risparmiatori, penalizzando i sottoscrittori di titoli AT1, che andranno a concorrere nel ripianamento delle perdite che la banca dovrà sostenere”.
Quali strascichi lascerà sui mercati la vicenda di Credit Suisse?
“Questi eventi hanno contribuito ad influenzare e probabilmente continueranno a condizionare l’andamento dei mercati finanziari”, conclude Perrotta, “tuttavia le rassicurazioni giunte dalle autorità possono contribuire a rasserenare gli animi degli investitori. La situazione verrà attentamente monitorata per intercettare eventuali nuovi elementi che possano peggiorare il sentiment di mercato. Nel mentre si suggerisce cautela e di non aumentare l’esposizione alle obbligazioni di Credit Suisse. Da valutare, in un’ottica sempre prudenziale e di diversificazione, la vendita delle posizioni in essere, qualora queste ultime abbiano risentito positivamente dell’annuncio del salvataggio”.