SVB è una banca piuttosto particolare nel suo genere: il suo modello di business focalizzato su venture capital pur rappresentando l’elemento che le ha consentito di crescere esponenzialmente negli ultimi quattro anni, ha portato a una forte concentrazione delle passività a breve, riferibili soprattutto a grandi società.
Silicon Valley Bank: cos'è successo e cosa aspettarsi ora
Il crollo della Silicon Valley Bank, sedicesima banca statunitense, genera preoccupazioni tra gli investitori di tutto il mondo. Cos'è successo il 10 marzo 2023? E come hanno reagito le banche centrali?
In Italia in pochi la conoscevano, almeno fino alla scorsa settimana. Ma Silicon Valley Bank, istituto di credito commerciale con sede a Santa Clara, in California, in pochi giorni ha riempito le cronache finanziarie in tutto il mondo, da New York a Roma, passando per Londra, Parigi, Tokyo e Pechino. Tutto è legato al vero e proprio crack che la banca d'oltreoceano ha subito nei giorni scorsi, dopo che i depositanti hanno fatto a gara a ritirare i loro soldi provocandone una crisi di liquidità.
Le borse hanno reagito di conseguenza, con un crollo dei principali listini mondiali, dagli Stati Uniti all'Europa, facendo persino aleggiare lo spettro di un effetto-contagio su altre banche e di una nuova crisi finanziaria come quella del 2007-2008. Prima di dare credito a troppo facili allarmismi, però, è bene ripercorrere a grandi linee cosa è successo a SVB, che è una realtà sui generis, ben diversa dalle banche con cui i risparmiatori italiani hanno a che fare ogni giorno. Detto a grandi linee, Silicon Valley Bank è innanzitutto un istituto molto focalizzato sul settore tecnologico, e in particolare sul venture capital, cioè i fondi che sostengono le aziende innovative con alto potenziale di crescita.
In secondo luogo, SVB ha attuato una gestione dissennata del rischio, investendo le risorse raccolte nel breve termine (in primis con i depositi) in attività finanziarie di lunga scadenza, tra cui i bond e i Mortgage-Backed Securities (Mbs), titoli garantiti da mutui. Queste tipologie di strumenti finanziari a reddito fisso, come sa bene chi conosce i meccanismi della finanza, si svalutano notevolmente quando i tassi d'interesse aumentano, come avvenuto negli ultimi mesi. Dunque, di fronte a una corsa allo sportello dei clienti che ritirano velocemente i depositi, una banca con i bilanci come SVB è finita inevitabilmente in una crisi di liquidità essendo costretta rimborsare i correntisti vendendo titoli e asset di lunga scadenza fortemente svalutati, subendo perdite astronomiche.
“La SVB è una banca piuttosto particolare nel suo genere per diversi fattori che la rendono differente”, dice Generoso Perrotta, Head of Financial Advisory di Banca Generali, che aggiunge: “Il suo modello di business focalizzato su venture capital non è tipico. Pur rappresentando l’elemento che ha consentito alla società di crescere esponenzialmente negli ultimi quattro anni, favorendo un aumento dei depositi di circa il 180% dal 2019 (un tasso ben superiore rispetto a quello registrato dalla media delle banche Usa), esso ha portato a una forte concentrazione delle passività a breve, riferibili soprattutto a grandi società e non a investitori retail. I depositi delle principali banche statunitensi si riferiscono invece per una quota importante a clientela retail, con conseguente maggiore diversificazione dei propri passivi di bilancio”.
La preoccupazione sui mercati finanziari
Aldilà delle specificità di SVB, però sui mercati si è diffusa comunque una grande preoccupazione, per diverse ragioni. Innanzitutto perché il caso non è rimasto isolato e altre banche sono andate in dissesto negli stessi giorni. Prima Silverbank (anche se per vicende diverse legate alle piattaforme di criptovalute), poi Signature.
I timori degli investitori si sono poi rivolti alla First Republic Bank, il cui rating è stato di recente abbassato dall'agenzia di rating Fitch, declassando le obbligazioni della banca a junk bond (titoli spazzatura). La decisione delle 11 maggiori banche statunitensi di depositare presso la banca regionale USD 40 miliardi potrebbe contribuire a diminuire i rischi di breve termine sull’istituto.
Inoltre, i mercati temono anche per le sorti delle banche regionali statunitensi che hanno degli attivi molto sbilanciati sui depositi a breve termine e, come è avvenuto per SVB, corrono il rischio di subire una crisi di liquidità.
SVB, nuova Lehman Brothers?
La risposta stando ai numeri e al contesto macroeconomico è no. La situazione del settore bancario a livello globale è, inoltre, molto diversa rispetto al momento della crisi finanziaria del 2007-2009. Il livello di capitale delle banche e degli strumenti di “capital security” è ora di USD 17 mila miliardi contro gli USD 5 mila miliardi dell’epoca, garantendo livelli di sicurezza dei depositi molto più elevati. Inoltre, i livelli di controllo dell’attivo da parte delle banche centrali sulle banche di importanza globale sistemica, e in Europa su tutte quelle con un attivo sopra EUR 30 miliardi, sono elevati per fare sì che non ci siano rischi.
La reazione delle banche centrali
Con questo scenario di fondo, la comunità finanziaria si interroga su cosa faranno le banche centrali, visto che il dissesto di SVB è anche una conseguenza indiretta, oltre che di una gestione sbagliata, dell'aumento del costo del denaro. Il 16 marzo, la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha alzato ancora di 50 punti base i tassi d'interesse nell' Eurozona, come già preannunciato, assicurando che il sistema bancario del Vecchio Continente è solido e non vulnerabile di fronte alle vicende americane.
Come si comporterà la Federal Reserve, la banca centrale statunitense, il cui organismo di vertice (FOMC) si riunirà il 22 e 23 marzo?
“Alla luce degli ultimi accadimenti e delle tensioni che hanno caratterizzato i mercati finanziari nelle ultime sedute, l’ipotesi di un aumento dei tassi di 50 punti base al FOMC di marzo appare sempre meno probabile”, afferma Perrotta che aggiunge: “Sebbene il caso SVB possa, con ogni probabilità, essere considerato un caso particolarmente anomalo, il suo fallimento in un contesto di politica monetaria restrittiva, di elevata inflazione e rallentamento economico prospettico, richiede cautela. Con la profonda inversione della curva dei rendimenti, che ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 1981, prendere in prestito a breve per impiegare a lungo non rappresenta un modello di business redditizio”.