Gli elevati rischi geopolitici, dalla guerra Israele-Hamas, alle tensioni Israele-Iran, passando per il conflitto Russia-Ucraina e le turbolenze nel mar Rosso, hanno favorito il rafforzamento del sentiment positivo per il metallo prezioso a cui si è aggiunta una domanda in costante aumento da parte delle Banche Centrali, in particolare quella cinese, che continua ad aumentare le riserve di metallo giallo.
Materie prime: dal cacao all’oro, il 2024 è l’anno dei record
Rally storici per molte materie prime da inizio 2024, dall’oro a caffè e cacao, grazie anche ai vantaggi offerti in termini di diversificazione, protezione dall’inflazione e dai rischi geopolitici. Ma i diversi e spesso poco prevedibili driver dei prezzi e la volatilità non lo rendono un investimento adatto al trading fai-da-te.
Da inizio anno stiamo assistendo ad un vero e proprio rally delle materie prime, o commodity, che ha aggiornato diversi massimi storici nel prezzo di questi asset, attirando le attenzioni di molti investitori. Una corsa che ha riguardato materie prime molto diverse tra loro, da quelle industriali come il rame, a quelle agricole, come il cacao, ai beni rifugio come l’oro.
Le motivazioni di questo rally, “non sono solo da ricercarsi nelle dinamiche “tecniche” del settore quale domanda/offerta e riserve, bensì anche dall’ utilizzo diversificato di questi strumenti da parte degli investitori di tutto il mondo. Prima di analizzare la natura delle fluttuazioni di prezzo delle principali commodities è bene ricordare quali siano i vantaggi di questa asset class: bassa correlazione con altre asset class, come azioni e obbligazioni, protezione dagli effetti dell'inflazione e delle fluttuazioni valutarie, ed infine, anche se forse è il principale elemento dal punto di vista della diversificazione, copertura dal rischio di eventi imprevisti o crisi economiche”, spiega Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali.
Uno dei rally da record è stato quello del bene rifugio per eccellenza, l’oro, che ha segnato diversi nuovi massimi storici di prezzo ad aprile 2024 (per poi ritracciare leggermente nelle ultime sedute) nonostante la solidità dei dati economici e lo slittamento delle aspettative del mercato in merito al prossimo taglio dei tassi negli Stati Uniti.
“Gli elevati rischi geopolitici, dalla guerra Israele-Hamas, alle tensioni Israele-Iran, passando per il conflitto Russia-Ucraina e le turbolenze nel mar Rosso, hanno favorito il rafforzamento del sentiment positivo per il metallo prezioso a cui si è aggiunta una domanda in costante aumento da parte delle Banche Centrali, in particolare quella cinese, che continua ad aumentare le riserve di metallo giallo”; rimarca Longhi.
L’altro metallo prezioso per eccellenza è l’argento, che sta recuperando lentamente terreno contro l’oro dopo un 2023 difficile.
“A differenza del rally dell’oro, quello dell’argento sembra meno sorprendente agli occhi degli analisti poiché supportato da una domanda industriale in fortissimo aumento, derivante principalmente dall’utilizzo industriale nel settore automobilistico elettrico, nel solare e nei semiconduttori per gli hardware indispensabili per l’Intelligenza Artificiale”, spiega l’esperto di Banca Generali.
Rimanendo nel mondo delle commodity industriali, è stato il Rame a dominare i listini dei metalli “spinto dalla Cina, in particolare dalle scorte ai massimi del 2020 ed al calo delle tariffe di raffinazione, ovvero i compensi pagati alle fonderie per convertire il concentrato in metallo, che hanno raggiunto minimi storici e dalla domanda in continuo aumento legata alla transizione energetica”, illustra Longhi, sottolineando come l’impennata vertiginosa dei prezzi dei metalli industriali sia da attribuirsi quasi unicamente alla transizione energetica che ne determinerà le sorti anche negli anni futuri. “Basti pensare che ad oggi oltre il 90% del litio viene utilizzato per le batterie contro il 40% di una decade fa e si stima che il fabbisogno di rame aumenterà di quasi il 50%, dell’80% per il nickel ed oltre 100% per il litio”.
Nelle ultime settimane si è sentito molto parlare anche di una commodity non molto nota alla cronaca finanziaria ma assai più conosciuta nell’economia reale: il cacao. Questa commodity nel primo trimestre è realizzato un guadagno talmente elevato (oltre il 250%) da far impallidire anche il +90% del titolo Nvidia.
“A spingere sull’acceleratore del prezzo è stato lo scarso raccolto in due dei principali produttori globali, Ghana e Costa d’Avorio, la cui quota di mercato è pari al 60% della produzione mondiale. A ciò si aggiungono anche i rincari dei trasporti marittimi e terrestri dovuti all’incremento della principale commodity al mondo, il petrolio, il cui prezzo a metà aprile registrava un quasi +25% da inizio anno”, sottolinea Longhi.
Tra le commodity agricole si distingue anche il caffè, che a metà aprile ha toccato un massimo di 247 dollari/libbra, in rialzo di oltre il 30% da inizio anno.
Le forti performance delle materie prime sono di per sé un fattore che attira l’attenzione degli investitori che potrebbero essere tentati di includerle nei propri portafogli attraverso un’attività di trading fai-da-te, a cui si aggiungono le virtù in fatto di diversificazione e copertura.
Tuttavia, “la differente natura delle materie prime e la presenza di driver di performance molto differenziati e spesso poco prevedibili (domanda/offerta, eventi geopolitici e legami macroeconomici) conferiscono sì a questa asset class una capacità di diversificazione unica, ma ovviamente incrementano anche i rischi. Infatti, l’investimento in commodity comporta dei rischi legati soprattutto all’alta volatilità dei prezzi ed è proprio per questo motivo che è bene affidarsi a una gestione attiva e professionale per includere l’investimento in materie all’interno dei portafogli, sfruttandone a pieno le caratteristiche positive e mitigandone i rischi”, conclude Longhi.