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Tech vs banche. Passaggio di testimone in Borsa?
14 febbraio 2025#WeeklyWatch

Tech vs banche. Passaggio di testimone in Borsa?

Inizio d’anno in rally per i titoli bancari, mentre DeepSeek e i dubbi sui volumi degli investimenti portano volatilità sul tech. Chi guiderà il trend dei mercati azionari nel 2025?

I primi 40 giorni del 2025 hanno visto al centro delle cronache finanziarie, con diverse fortune, due settori del mercato azionario molto differenti: da un lato le banche, settore value per eccellenza, e dall’altro le società tecnologiche, epitome dello stile growth.

Se il 2024 è stato un anno d’oro per il tech, con performance stellari guidate da NVIDIA, in questo inizio di 2025 i titoli dei giganti della tecnologia USA hanno visto più volatilità e meno performance, tra dubbi sulla redditività futura delle centinaia di miliardi di dollari di investimenti in programma, la stretta regolatoria e la minaccia di DeepSeek. 

Banche e finanziari in spolvero

Da inizio anno le quotazioni dei titoli bancari, e più in generali finanziari, sembrano invece aver davvero messo il turbo, dopo un 2024 comunque positivo e poco volatile. E lo hanno fatto, in parte per ragioni diverse, su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Le banche statunitensi e in generale tutto il comparto finanziario Usa stanno facendo molto bene da inizio anno, grazie in primo luogo a un contesto di tassi d’interesse elevati che hanno spinto il margine d’interesse. I numeri delle trimestrali delle grandi banche di Wall Street sono stati molto buoni, da JpM a Goldman Sachs, senza dimenticare il comparto insurance”, spiega Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali.

Se si guarda l’Europa, la performance non è da meno. Da inizio anno l’indice Eurostoxx 600 Banks guadagna circa il 19%.

I titoli bancari del Vecchio Continente hanno iniziato l’anno scontando valutazioni più basse, a causa del gap di tassi d’interesse che si sta aprendo con gli Usa. Tuttavia, questi multipli P/E più bassi hanno attirato compratori, anche alla luce di bilanci solidi e soprattutto di rendimenti da dividendo molto interessanti. A questi fondamentali, in alcuni casi, si è aggiunto anche l’appeal speculativo” per un consolidamento del settore, sottolinea Longhi.

I tormenti di Big Tech

L’inizio del 2025 è stato invece tutt’altro che sereno per i titoli tecnologici. In poco più di un mese di contrattazioni “abbiamo visto movimenti di volatilità importanti con l’annuncio dei dazi dell’amministrazione Trump e, prima, con il ‘caso DeepSeek’”, rimarca Longhi.

La miccia della volatilità sembra essere stata in primis proprio il laboratorio cinese di intelligenza artificiale, che ha presentato il suo nuovo modello di AI, sostenendo di averlo realizzato in soli due mesi e con soli 6 milioni di dollari, rispetto ai 5 miliardi di dollari di investimenti annui dell’americana OpenAI, creatrice di ChatGpt. Il risultato è stato un crollo di 1.000 miliardi di dollari nella capitalizzazione dei titoli tech statunitensi ed europei, in una sola seduta.

Questa instabilità viene dai dubbi sul fatto che l’AI, dopo la comparsa di concorrenti apparentemente a basso costo come DeepSeek, possa essere ancora il driver in grado di sostenere il rally di questi titoli. E insieme alla volatilità stiamo vedendo anche molta più dispersione nelle performance, con società in forte rialzo, come Palantir Technologies, e altre più difficoltà, come Tesla”, aggiunge il gestore di Banca Generali.

Sullo sfondo di profila il tema di quanto i titanici investimenti delle società tecnologiche Usa nell’infrastruttura necessaria alle soluzioni di Intelligenza Artificiale possano essere sostenibili. Solo per il 2025 si parla di 215 miliardi di spesa solo da parte di Google, Meta e Microsoft. Molti investitori e osservatori, infatti, iniziando a chiedersi quale sarà il ritorno di questa spesa in conto capitale in termini di ricavi, flussi di cassa e utili, oltre che per quanto tempo il volume di tale spesa potrà essere mantenuto al volume attuale.

Un calo di questi capex a fronte di un’infrastruttura che si fa più matura, spiega Longhi, potrebbe colpire società come NVIDIA, la cui crescita dei ricavi è strettamente legata alla spesa per investimenti di altri player, come Microsoft e Meta.

Dall’altro lato della galassia tech “ci sono i mondi dei software, dei servizi online e del cloud, dove chiaramente la dinamica è più positiva, con flussi di ricavi ben diversificati, margini solidi e valutazioni meno estreme”, continua il gestore di Banca Generali.

Le prospettive

Guardando avanti, “lo scenario continua ad apparire favorevole al settore finanziario, negli USA grazie a un contesto di tassi che dovrebbero restare alti ancora per diverso tempo, specialmente dopo gli ultimi dati sull’inflazione. In Europa, sebbene la prospettiva dei tassi sia meno favorevole, è possibile trovare ancora valore grazie a un gap di valutazioni nei confronti degli Stati Uniti ancora piuttosto ampio e a un flusso cedolare importante”, illustra Longhi

Per il gestore di Banca Generali, nonostante la volatilità e i dubbi degli osservatori, “la componente tech resterà centrale nel mercato USA e non si potrà prescindere da un’esposizione a questo settore. Tuttavia, nel 2025 già stiamo vedendo, e crediamo che continueremo a vedere, più dispersione tra gli andamenti dei singoli titoli e volatilità giornaliera anche intesa”.

Lo scenario che si prospetta appare particolarmente favorevole “a una gestione attiva e professionale, capace di bilanciare tatticamente e strategicamente l’esposizione ai vari settori e, all’intero dei singoli settori, tra i singoli titoli, per mitigare la volatilità ed estrarre il massimo valore”, conclude Longhi.

Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali
Lo scenario continua ad apparire favorevole al settore finanziario, negli USA grazie a un contesto di tassi che dovrebbero restare alti ancora per diverso tempo, specialmente dopo gli ultimi dati sull’inflazione. In Europa, sebbene la prospettiva dei tassi sia meno favorevole, è possibile trovare ancora valore grazie a un gap di valutazioni nei confronti degli Stati Uniti ancora piuttosto ampio e a un flusso cedolare importante.