La reazione dei mercati finanziari a un anno dallo scoppio della guerra
A poco più di un anno, in Ucraina si combatte ancora una guerra sanguinosa che, oltre alle numerose vittime, ha cambiato gli equilibri geopolitici del Pianeta, segnando una frattura profonda tra Russia, Europa e Occidente.
Kiev, 24 febbraio 2022, ore 4.30 del mattino. In una capitale che fino a qualche settimana prima era piena di bar, ristoranti e teatri aperti, si sentono alcune esplosioni. Sono quelle che segnano l’attacco dell’esercito russo all’Ucraina, dando inizio a un conflitto preannunciato da giorni dall’intelligence statunitense ma inaspettato per gran parte dell’opinione pubblica occidentale. Quella che sembrava inizialmente una guerra-lampo, però, tale non è stata. A distanza di poco più di un anno da quella notte, in Ucraina si combatte ancora una guerra sanguinosa che, oltre alle vittime sul campo e tra i civili, ha cambiato gli equilibri geopolitici del Pianeta, segnando una frattura profonda tra la Russia, l’Europa e l’Occidente.
Un evento del genere, come sa bene chi ha seguito le cronache finanziarie dell’ultimo anno, non poteva non avere conseguenze sui mercati finanziari. Cambiare gli equilibri geopolitici del mondo, come la guerra ha fatto, vuol dire anche alterare (almeno nel breve termine) la stabilità delle piazze borsistiche, che non amano certo l’incertezza e che hanno visto anche un quadro macroeconomico mutato, con uno shock inflattivo che ha colpito in maniera diffusa l’economia globale a causa del rincaro delle commodities legato, dapprima, alla forte ripartenza delle attività dopo le riaperture post pandemia e, in seguito, al rialzo dei prezzi dell’energia come conseguenza del conflitto russo-ucraino.
Il bilancio sui mercati finanziari
Il 2022 è stato un anno da dimenticare sia per le azioni che per i bond, quest’ultimi colpiti in particolare dal veloce aumento dei tassi d’interesse operato dalle banche centrali per contenere la forte accelerazione dell’inflazione. Il 2023, però, è iniziato all’insegna dell’ottimismo poiché le piazze finanziarie internazionali sembrano aver trovato un nuovo equilibrio, benché siano in molti ad aspettarsi nuove fasi di volatilità. E allora, guardando alla performance messa a segno dai principali indici dalla metà di febbraio 2022 (prima che iniziasse il conflitto) ad oggi, si vede che ci sono molti listini con un bilancio addirittura in positivo, dopo aver subito pesanti ribassi lo scorso anno. È il caso, per esempio, del Ftse Mib di Piazza Affari che, in poco più di un anno, segna un rialzo di circa il 6%%, in gran parte dovuto alla performance degli ultimi 6 mesi (+28%). Tra metà febbraio 2022 e i primi di marzo 2023, è positiva la performance anche per il Ftse 100 di Londra (circa +3% in euro) eper il Cac 40 di Parigi (+7,6%).
Performance assai deludente per l’indice tecnologico statunitense Nasdaq (-10% circa dal febbraio dell’anno scorso in euro). Il settore hi-tech è infatti il vero “calimero” dei mercati degli ultimi due anni. Dopo l’exploit del 2020-2021, con lo scoppio della pandemia che ha portato alla luce tutta l’importanza del mondo digitale, le azioni tecnologiche sono state invece snobbate dagli investitori nell’ultimo biennio, a vantaggio di settori più tradizionali e prima troppo trascurati come quello energetico.
Non a caso, proprio la carenza di prime energetiche esacerbata dalla guerra, ha provocato un'impennata del prezzo del gas naturale. Sul mercato di Amsterdam, il principale listino di contrattazioni del gas in Europa, questa commodity viene oggi scambiata nell’intorno dei 46 euro a megawattora, quasi 3 volte in più rispetto alle medie storiche. Si tratta però di un prezzo ben lontano dai massimi sopra i 300 euro toccati ad agosto 2022, quando i Paesi occidentali temevano di dover passare l’inverno al freddo per una carenza di offerta russa.
Fortunatamente questa carenza non c’è stata, la domanda è diminuita, i Paesi europei si sono attrezzati per diversificare le fonti di approvvigionamento. Resta il fatto che il prezzo del gas non è più quello di una volta. A fargli compagnia ci sono le quotazioni del petrolio Brent. Questa commodity energetica non ha subito lo stesso shock del gas e oggi veleggia a un prezzo sopra gli 80 dollari al barile, in linea con le quotazioni pre-scoppio del conflitto bellico. Con le borse internazionali e le materie prime sull’altalena, c’è poi una piazza finanziaria le cui performance si commentano da sole. È la borsa di Mosca che ha perso dal febbraio dell’anno scorso ad oggi circa il 25% in euro, abbandonata da molti investitori occidentali che non la guardavano già con particolare entusiasmo. A proposito di Russia il Bloomberg Billionaires Index, che misura la ricchezza dei miliardari del Pianeta, ha svelato di recente un altro dato non trascurabile. I 23 miliardari russi che fanno parte del club delle 500 persone più ricche del mondo hanno visto in un anno scendere del 20% il valore del loro patrimonio: era di 339 miliardi di dollari prima che le forze di Vladimir Putin invadessero l'Ucraina, oggi si è svalutato di 67 miliardi di dollari rispetto ad allora. Anche questi numeri, nel loro “piccolo”, misurano in qualche modo la frattura tra Mosca e l’Occidente.