Cos’è la Deflazione?
La deflazione consiste in una diminuzione del livello generale dei prezzi ed è l’esatto contrario della ben più nota e demonizzata inflazione.
Il termine deflazione indica un calo del livello generale dei prezzi. La deflazione è dunque l'opposto della ben più nota inflazione, ossia il processo di graduale incremento dei prezzi.
In molti casi si assiste soltanto a un rallentamento dell'inflazione, ossia a una diminuzione del tasso di crescita del livello generale dei prezzi: si tratta di un terzo fenomeno che prende il nome di disinflazione.
La deflazione propriamente detta è in genere un fenomeno negativo, ma esistono tipi di deflazione "positiva" e aspetti favorevoli di questa.
Quali sono le conseguenze della deflazione
Una flessione del livello generale dei prezzi deriva molto spesso da una situazione recessiva (ossia di crescita negativa) in cui la domanda di beni e servizi – la cosiddetta domanda aggregata - si contrae. La spesa di persone e aziende, in altri termini, si riduce. Questo spinge le società stesse a cercare di vendere i propri prodotti a prezzi inferiori, nella speranza di stimolare la domanda e una risposta del consumatore.
Ne deriva che le società vendono a un prezzo minore i propri prodotti e quindi registrano una diminuzione del fatturato. Per bilanciare questa contrazione del giro d'affari caratteristica delle economie in stato di deflazione, le imprese cercano di ridurre i costi per materie prime e servizi derivanti da altre imprese, di tagliare il costo del lavoro, di comprimere i finanziamenti dalle banche (riducendo gli oneri finanziari sui debiti contratti).
Questi interventi, a loro volta, tendono a comprimere la domanda aggregata di beni e servizi, aggravando la situazione e portando nuove spinte deflative. La crescita della disoccupazione derivante dal taglio dei costi del lavoro, per esempio, costringerà i nuovi disoccupati a ridurre le proprie spese, influenzando negativamente la domanda.
Alla deflazione tende, però, anche a corrispondere un aumento del risparmio che può porre le basi per una sana ripresa economica.
I rischi della deflazione: il caso del Giappone
Citato spesso nei libri di testo è il caso del “Decennio perduto del Giappone”.
Tra l’inizio degli anni ’90 e i primi anni Duemila, la crescita del prodotto interno lordo giapponese si arrestò, rimanendo bloccato su un +1,2% l’anno, valore inferiore ai tassi di sviluppo delle altre economie avanzate.
Questo a causa dello scoppio di una bolla speculativa immobiliare e finanziaria che fece crollare la domanda interna, situazione in cui le scelte di politica monetaria attuate dalla Banca Centrale non servirono ad arginare i danni lasciando spazio a un contesto sfidante che minacciava l’economia nipponica.
Ancora oggi il Giappone ha un rapporto debito/Pil particolarmente elevato e gli analisti, negli anni, hanno evidenziato aspetti più strutturali indotti dalla spinta deflazionistica che hanno portato il Paese a vedere un invecchiamento della popolazione, il trasferimento dal governo centrale a quelli locali, la forte crescita di crediti deteriorati nei bilanci bancari e il forte apprezzamento dello yen negli anni precedenti.
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