Gli investitori hanno preso inizialmente di buon grado la vittoria di Milei anche se c’è molta attesa sul fatto che possa portare a termine la ‘dollarizzazione’ del Paese.
Milei non sconvolge i mercati globali
La vittoria dell’ultraliberista alle elezioni politiche argentine apre uno scenario ricco di incognite. Gli investitori hanno inizialmente reagito bene alla notizia anche se la dollarizzazione sembra una chimera
Il documento programmatico dell’anarco liberista Javier Milei - dall’abolizione della banca centrale alla “dollarizzazione” dell’economia fino allo smantellamento dello stato sociale – ha catalizzato l’attenzione dell’intero parterre politico e finanziario mondiale aprendo uno scenario ricco di incognite.
Nonostante le conferme shock delle promesse fatte in campagna elettorale l’impatto sui mercati finanziari delle elezioni politiche argentine, che hanno visto prevalere (e non all’ultimo voto) proprio il candidato di destra ultraliberista è certamente importante per il delinearsi di nuove prospettive a livello geopolitico ma meno rilevante dal punto di vista dell’andamento dei listini globali.
Ne è convinto Andrea Mongardini, portfolio manager di Banca Generali, il quale ricorda come l’Argentina sia sempre stata caratterizzata da gravi crisi politiche ed economiche che hanno generato ben nove default sui titoli governativi del Paese, il numero più alto mai registrato al mondo. Attualmente l’Argentina si trova in una situazione molto complessa, con un’inflazione al 142% circa, un debito pubblico di 419 miliardi di dollari e il 40% della popolazione in stato di povertà.
Il Paese sudamericano nel 2019 al fine di preservare il più possibile la svalutazione del “pesos” ha introdotto il sistema di controllo sui capitali che limita gli acquisti mensili di valute estere da parte dei residenti, obbligando gli esportatori a rimpatriare gli utili esteri e costringendo le banche e altre società a richiedere l'autorizzazione prima di vendere pesos in cambio di altre divise. Il risultato di queste restrizioni a livello finanziario è stata l’esclusione del mercato azionario e obbligazionario argentino dai principali indici emergenti e la non rilevanza del “pesos” argentino nel panorama delle valute globali. “È lecito quindi aspettarsi che le elezioni a livello finanziario non siano un evento in grado di guidare l’andamento dei listini azionari globali nel corso delle prossime settimane anche se costituiscono un importante avvenimento nell’attuale scenario geopolitico soprattutto in base al programma che porrà in essere Milei nei prossimi mesi”, commenta Mongardini.
Nelle prime ore in seguito all’esito delle urne le azioni delle società quotate argentine quotate a New York sono salite di oltre il 10% così come allo stesso modo si sono apprezzate le emissioni governative emesse in dollari. “Gli investitori hanno quindi preso inizialmente di buon grado la vittoria di Milei anche se c’è molta attesa sul fatto che possa portare a termine la ‘dollarizzazione’ del Paese annunciata in campagna elettorale con la totale esautorazione del ruolo della banca centrale, ritenuta responsabile della situazione critica in cui versa il Paese. Il principio della dollarizzazione consentirebbe agli argentini di utilizzare una moneta che non è oggetto di fluttuazioni come il pesos dando quindi stabilità al sistema economico nazionale. Ma al contempo sarebbe un’operazione finanziaria difficilissima da sostenere per un Paese che già oggi non riesce a restituire i fondi in dollari ottenuti dal Fondo Monetario Internazionale”, conclude l’esperto.
Il mercato argentino martedì 21 ha riaperto le contrattazioni con un rialzo del 20% circa in local currency dopo la festività di lunedi. La salita è stata diffusa su tutti i settori con alcuni titoli che hanno registrato i maggiori rialzi da oltre vent’anni. Il volume scambiato sul mercato azionario è stato di circa 10 volte la media degli ultimi venti giorni.